“La memoria, svelata”. Questo il motivo conduttore del Salone internazionale del Libro 2010 che si svolgerà nei prossimi giorni a Torino. Un tema su cui si è ritenuto di dover riflettere poiché, mentre da un lato disponiamo di smisurate banche dati, per altri versi il nostro rapporto con il passato è divenuto problematico, cosparso di continue amnesie. Oppure inutilmente nostalgico, a volte indossato con il vezzo di un abitino vintage.
Fin troppo facile è collegare il tema della memoria ai libri, che di qualsiasi genere essi siano fissano e riorganizzano proprio un comune patrimonio mnemonico. Solo per limitarsi a quelli di narrativa, basti pensare (Proust docet) a come essi, giustappunto nella memoria, trovino il loro primo motore.
Già altre volte abbiamo avuto modo di dire in che modo la lettura costituisca lo strumento per “comprendere” la nostra esperienza esistenziale, attribuirle un significato e, non di meno, raccordarla a una storia (individuale e collettiva) che prescinda dalla cronologia, dalla scansione lineare di passato, presente e futuro, per diventare, invece, “simultanea”. Scriveva Virginia Woolf in Orlando: “La memoria è la cucitrice ed è anche capricciosa. La memoria fa correre il suo ago dentro e fuori, su e giù, qua e là. Non sappiamo cosa verrà dopo o cosa seguirà”.
Il fascino (e l’utilità) dei libri è che, lungo il filo della memoria, raccontano di noi anche quando parlino d’altro. Nascite, morti, fatti ci attraversano, svelano la nostra “singolarità” e, al contempo, la “molteplicità” che è in noi. Una cosa, infatti, è il tempo della storia, altro è quello della memoria.
Al di là di ogni fraintendimento, è la memoria (non il semplice ricordo) a liberare veramente dai rimpianti e a renderci contemporanei nella nostra completezza di passato e di futuro. Merita, allora, ribadire come la lettura costituisca un ambito privilegiato in cui sia possibile rielaborare un universo interiore, una identità, una costruzione del proprio essere nel tempo presente, che, però, di questo tempo sappia evitare le nevrosi, la superficialità, la frammentazione, tipici di chi ha difficoltà a rapportarsi con il passato e di progettare futuro. Tutto ciò costituisce, peraltro, un atto di generosità nei confronti delle nuove generazioni, verso cui è tantomeno doveroso consegnare un patrimonio di conoscenze e di sentimenti. Non sarà sufficiente lasciare loro delle sterminate banche-dati che rischiano di essere inservibili perché prive di quella chiave di accesso racchiusa nella parola “consapevolezza”: di se stessi e del mondo. Si sappia, insomma, che dovrà pur esistere un avvenire della memoria.