Gabrielli
Franco Gabrielli prima di salire sul palco del Caffè della Versiliana

«Ci sono elementi che alzano la soglia del rischio, ma l’eventuale intervento in Libia non incide in termini concreti. La politica estera deve tenere conto di tante variabili, dei rischi e delle conseguenze. Da tecnico però affermo che non esiste una immediata e necessaria consequenzialità per questo tipo di
situazione». Lo ha detto il capo della Polizia, Franco Gabrielli, intervistato al Caffe’ della Versiliana di Marina di Pietrasanta (Lucca) rispondendo alla domanda su un eventuale intervento armato in Libia e sulle sue conseguenze a livello di sicurezza interna in Italia.

«Uno dei motivi ricorrenti della propaganda jihadista è il tema cristianità: se esistesse un automatismo tra l’elemento che può amplificare l’esposizione al terrorismo e la realizzazione di un atto, forse già saremo colpiti da chissà quanto tempo».

Gabrielli1«Consapevoli delle minacce» «La minaccia terroristica – ha spiegato il capo della Polizia – oltre ad essere globale è una minaccia che ha molteplici manifestazioni. Si manifesta attraverso azioni strutturate, pensiamo al 13 novembre in Francia con un gruppo di fuoco organizzato, ma anche attraverso i cosiddetti lupi solitari, non necessariamente radicalizzati o affiliati allo stato islamico, frutto, invece, molto spesso della marginalità in cui vivono. Tutti dobbiamo avere la consapevolezza che viviamo una minaccia, che possiamo essere oggetto e obiettivo di questa minaccia. Il che però non significa che dobbiamo mutare la nostra vita. Il prezzo che non dobbiamo pagare è mutare il nostro stile di vita, perchè questo tipo di terrorismo mira a questo».

Migranti «Porre condizioni a paesi provenienza» «Sono dell’idea – ha aggiunto Gabrielli – che non possiamo accogliere tutti. Giusta la filosofia adottata dall’Europa, quella di impegnarsi a porre condizioni nei Paesi di provenienza. Questo è l’unico modo per avere due risultati: che queste persone non siano poste in pericolo, in sofferenza e in pericolo di morte, ed evitargli di arrivare in una condizione in cui l’integrazione è tutt’altro che garantita».