E' stata consacrata domenica 30, a Casino di Terra, la nuova Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Lino. E il 23 settembre, come ogni anno da secoli, la Cattedrale di Volterra venererà San Lino. Ma chi era San Lino? Sappiamo di lui che fu uno dei primi discepoli di Pietro. Volterrano di nascita, studiava a Roma,città nella quale conobbe il pescatore di Galilea, e nella quale si convertì, a causa delle parole innamorate dell’Apostolo.

All’epoca, la Roma imperiale aveva una religione ben diversa, ed era decisamente pericoloso esprimere, peggio ancora proclamare una novità. Eppure le vie del Signore sono infinite, e fu così che Pietro evangelizzò non solo Roma, ma anche numerose città nei suoi viaggi, molti dei quali con a suo fianco Lino. Su quest’argomento, Mons. Bocci ha dedicato una vita di studi, un tesoro immenso consegnato alla Chiesa Volterrana e che andrà, piano piano, riscoperto e riordinato. È per questo  che è stata una scelta saggia e profondamente bella,  la decisione di dedicare la nuova chiesa di Casino di Terra ai Santi Pietro e Lino. Un tempio che sorgerà lungo la strada del mare, e che, per la sua felice posizione, sarà vista da tutti. San Pietro probabilmente passò da Volterra, per Mons.Bocci più di una volta, e si diresse verso Roma per le vie montane (da Saline dalla via Massetana, nelle vicinanze di San Pietro a Fatagliano).
Il culto di Lino a Volterra è antico quanto l’istituzione della Diocesi, ovvero dei primi secoli antecedenti l’Editto del 313, e proprio per la sua importanza veniva celebrato con tutta probabilità nella Chiesa di San Pietro, che già in epoca medievale godeva di una fama in Volterra paragonabile solo alla Cattedrale. Non è un caso se, subito dopo il Sacco fiorentino del 1472, i volterrani la riedificano subito, pur in altro luogo. Con un San Lino scolpito proprio sulla facciata. Nella parte più antica di Milano, in pieno centro storico e a due passi dal Duomo, vi è tutt’ora la Piazza dei Santi Pietro e Lino. E infatti i protoevangelizzatori non viaggiavano soli, ma sempre in compagnia, almeno in due. Da quel lavoro infaticabile e capillare sono nate le prime comunità cristiane, seme della futura Europa.  E noi tra poco vedremo consacrata una Chiesa intitolata proprio ai nostri antichi Padri, per rinverdire questo legame. Il tempio, urbanisticamente posizionato in area strategica, ma archiettonicamente debole, benchè ingentilito dalla direzione dei lavori dell’architetto Prati, si presenta come un revival delle mode degli anni 70, mode che non hanno trovato il gradimento né dei fedeli, né delle masse. L’unica raccomandazione che mi sento di fare, dal cuore, è che non si compia l’errore di dividere, nell’arredo sacro, l’altare, la croce e il Tabernacolo.
Cerchiamo di distinguere, per una buona volta, la Casa di Dio, da un’aula per le riunioni.
Contro il Tabernacolo si è scagliata un’intera generazione di studiosi. Sulla croce il discorso è diverso: rappresenta l’orientamento della preghiera, ed è importante che sia messa al centro. Anche psicologicamente, una cosa che non è al centro, perde la sua importanza concettuale. Vogliamo questo? Siccome non si può far finta che il Pontificato di Benedetto XVI non ci sia stato, sarebbe scorretto non seguire il suo esempio, che è stato da subito di rimettere la Croce al centro dell’altare. Che sta ad indicare la centralità del crocifisso nella celebrazione eucaristica e l'orientamento esatto che tutta l'assemblea è chiamata ad avere durante la liturgia eucaristica.
Durante la quale non ci si guarda tra di noi, ma si guarda a Colui che è nato, morto e risorto per noi. Sarebbe davvero un controsenso perciò trovare al centro non la croce ma  una sede, che ricorderebbe un certo neo-clericalismo.Oggi è importante recuperare il senso originario del messaggio Evangelico, pulito da ideologie ed estremismi. Per meditarlo in semplicità. La bellezza spesso aiuta.
La devozione pure.  Cerchiamo di non ripetere gli errori del passato, e non dividiamo la Croce dall’altare. San Pietro e San Lino, glorie di Volterra, non ne sarebbero contenti.