Alla fine, è andata nel modo migliore per tutti, e in pochi l’avrebbero pronosticato appena un anno fa. Quella che raccontiamo oggi è una storia di successo, che però non riempie le prime pagine dei giornali. Le notizie catastrofiche, evidentemente, piacciono di più anche quando non sono confortate né dai fatti né dalla logica.
Il ruolo delle banche centrali Ri-epiloghiamo: come previsto più volte sulle pagine di questo blog, l’aumento di capitale di MPS è pienamente riuscito, e sono stati raccolti 5 miliardi di capitale nuovo. Di questo risultato, un po’ di merito va al management della banca che è riuscito a varare un piano industriale che i mercati hanno trovato credibile; ma la maggior parte del merito va alle manovre delle banche centrali che hanno iniettato nel sistema una quantità enorme di liquidità. Gli investitori sono alla costante ricerca di investimenti, soprattutto visti i rendimenti anemici dei titoli obbligazionari; e l’aumento di capitale di MPS è stato considerato un investimento di cui approfittare subito. La composizione appare infatti molto frammentata, e non si è materializzato (per ora) un investitore singolo che si avvalesse dell’aumento per acquisire il controllo della banca, il che ci suggerisce che si è trattato di un investimento più di natura finanziaria che industriale.
Quei vaneggiamenti sui Monti Bond Dei 5 miliardi, 3,5 circa sono stati immediatamente girati allo stato come rimborso dei Monti Bond (2 miliardi circa) e di quasi tutti i Tremonti bond (altri due miliardi circa). Da oggi MPS non pagherà più il 10% di interessi allo Stato. Stato che ci ha guadagnato, e lautamente (oltre 500 milioni) dall’emissione dei Monti Bond, una notizia straordinaria per i contribuenti, soprattutto in Italia in cui le operazioni finanziarie di ristrutturazione dei bilanci aziendali tendono a tradursi in perdite miliardarie per l’erario. Intendiamoci, tale guadagno è il giusto corrispettivo del rischio che lo Stato si è preso nel prestare 4 miliardi ad una banca vicina al fallimento. Ma l’operazione è stata un successo netto, e fa un po’ sorridere pensare a chi parlava a sproposito di “regalo”, “aiuto di stato” e addirittura di distrazione delle tasse sull’IMU verso MPS. Tutti vaneggiamenti (anche all’epoca erano tali, anche quando non si sapeva come sarebbe andata a finire) che l’epilogo di questa vicenda cancella del tutto.
Il ruolo della Fondazione E’ importante notare come un ruolo importante sia stato giocato dalla Fondazione, che vendendo il suo capitale di azioni ha rinunciato al ruolo storico di padre-padrone. Era praticamente obbligata a farlo, è vero; ma l’operazione di dismissione delle azioni è stata condotta con tempismo ed efficacia, e ha permesso di salvaguardare un patrimonio non più gigantesco come un tempo, ma comunque rilevante. Con la Fondazione che si è fatta da parte, MPS si è avviata a diventare quello che oggi di fatto è, cioè una public company con un capitale sociale estremamente diffuso: dato di fatto che ha sicuramente incoraggiato gli investitori ad acquistare azioni e diritti, contribuendo al successo fulmineo dell’aumento di capitale.
Il destino ora in mano ai dirigenti Cosa accadrà ora? Di nuovo, è impossibile prevederlo. Tuttavia è importante che MPS si sia rimessa in grado di operare, e di poter beneficiare di un’eventuale ripresa economica. E’ importante per i contribuenti, per i lavoratori del gruppo, per la provincia di Siena e per il sistema bancario italiano. Il destino sia della banca che della Fondazione è ora in mano ai loro dirigenti; un destino che non appare più roseo come avrebbe potuto essere se talune scelte scellerate non fossero mai state fatte, ma nemmeno disastroso come si è voluto artificiosamente fare apparire.