Un nanomateriale intelligente per la cura dell’osteoporosi capace di “ingannare” le cellule ossee invecchiate, ricreando il microambiente tipico di un osso sano. È questa la sfida del progetto europeo Boost a cui collaborano il professore Giovanni Vozzi e l’ingegnere Carmelo De Maria del Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa.
Lo studio Partito nel maggio 2016 e finanziato con circa due milioni di euro, Boost (Biomimetic trick to re-balance Osteoblast-Osteoclast loop in osteoporoSis treatment: a Topological and materials driven approach) è coordinato dal Politecnico di Torino e, oltre all’Ateneo pisano, coinvolge anche l’Istituto Ortopedico Rizzoli e l’Università Politecnica delle Marche. L’osteoporosi riguarda decine di milioni di persone in Europa, numero in continuo aumento per l’invecchiamento della popolazione. Una donna su tre e un uomo su cinque, dopo i cinquant’anni, sperimentano una frattura ossea dovuta a questa patologia che causa fragilità per lo squilibrio fra l’azione degli osteoblasti, cellule deputate al rinforzo della struttura ossea, e gli osteoclasti, che invece la distruggono laddove non necessaria. Il progetto mira a recuperare questo equilibrio attraverso lo sviluppo di uno “scaffold intelligente”, cioè di una struttura polimerica micro e nano fabbricata in grado di riprodurre gli stessi stimoli fisici, chimici, meccanici, topologici e biologici tipici del tessuto osseo sano.
Una tecnica complementare ai farmaci «Si tratta di un approccio completamente differente rispetto al tradizionale apporto farmacologico – spiega Giovanni Vozzi – ma che potrebbe anche integrarsi a questo con l’inserimento di farmaci nella struttura nanoporosa del materiale con il quale è fabbricato lo scaffold». In particolare, il team coordinato da Vozzi e De Maria contribuirà allo sviluppo di una piattaforma dedicata per la micro e nano fabbricazione degli scaffold mettendo a frutto una lunga esperienza in questo settore. Da anni infatti questo questo gruppo di ricercatori si occupa dello sviluppo di dispositivi bioingegneristici avanzati per la realizzazione di strutture polimeriche in grado di riprodurre le caratteristiche tipiche di un tessuto sano e/o patologico combinando diversi materiali e metodiche di micro e nano fabbricazione. «La collaborazione col gruppo della professoressa Vitale Brovarone del Politecnico di Torino – commenta Vozzi – dimostra come sia possibile fare ricerca multidisciplinare di eccellenza in Italia anche tra atenei. Inoltre il progetto BOOST permetterà di realizzare per la prima volta una piattaforma bioingegneristica di lavorazione multimateriale e multiscala che potrà in un futuro essere applicata allo sviluppo di modelli in vitro per diverse tipologie di tessuto, non solo quello osseo, e che potranno trovare applicazione nell’ambito della ricerca di base, del testing farmacologico e della personalizzazione di terapie cliniche».