L’ultima uscita pubblica nella sua città è stata segnata con un riconoscimento e una battuta. «L’assassino torna sempre sul luogo del delitto», disse un anno fa Umberto Lenzi, ricevendo il Premio Città di Massa Marittima. È da questi colli maremmani che era infatti iniziata l’avventura del regista divenuto un mentore del genere poliziesco, scrittore poi anche di romanzi gialli.
Lenzi è scomparso questa mattina a Ostia, all’età di 86 anni, lasciando un vuoto sia nel cinema italiano che nella sua cittadina natale, dove sono in molti a ricordarlo. “Milano odia: la polizia non può sparare”, “Roma a mano armata” e “Napoli violenta” fino “Ar Monezza”, i titoli che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, fino ad ispirare altri artisti del calibro di Quentin Tarantino, che in più di un’occasione ha confessato di avere un debole per i film del regista maremmano.
Il regista ha trascorso soltanto la sua infanzia in Maremma, trasferendosi poi a Roma per gli studi senza farne ritorno. Da allora era iniziata la sua avventura artistica: tra le pellicole nate dal suo genio cinematografico si ricordano film bellici come “Il grande attacco” interpretato tra gli altri da Henry Fonda, Helmut Berger e John Huston, gialli come “Sette orchidee macchiate di rosso”, film horror, ma soprattutto produzioni sul genere “poliziottesco” degli anni ‘70 che hanno regalato al regista grande celebrità con il film come “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974) o “Roma a mano armata” (1976), con la coppia Tomas Milian e Maurizio Merli.