sindaco di Vaglia

VAGLIA – La creazione della multiutility toscana di servizi procede spedita. In vista per i Comuni c’è un aumento di capitale da 1,2 miliardi, ma anche la possibilità di detenere il 51% delle quote.

A condurre il progetto i sindaci di Firenze e Prato, mentre altri amministratori non nascondono la propria contrarietà. Tra loro, Leonardo Borchi, sindaco di Vaglia (Firenze).

Sindaco, come è mai è contrario alla multiutility?
“E’ una questione complessa. Intanto, i business plan portati dalle società di servizi sono molto ottimistici. In più, non sono stati verificati da soggetti esterni, quindi sono autoreferenziali. Per esempio Publiacqua prevede che la concessione in scadenza nel 2024, siano rinnovata nel 2031. Non capisco il perché di queste certezze. La concessione deve andare a gara. Lo stesso discorso vale per Alia”.

L’attuale sistema la soddisfa?
“No, né per quanto riguarda Publiacqua, né per Alia. Diverso il discorso di Coingas, di cui noi siamo soci. Publiacqua in 21 anni di gestione non è riuscita ad abbattere la dispersione di acqua. Hanno fatto solo una piccola parte degli investimenti e le bollette sono tra le più alte d’Italia. E’ lavora in un regime di monopolio. Tutto ciò vale anche per Alia, che però è attiva da molti meno anni”.

Ha in mente un modello di gestione differente che vorrebbe applicare?
“No. Per quanto riguarda i rifiuti la normativa nazionale permette ad Alia di fare questo tipo di gestione. C’è poi scarsa attività di controllo. Dovrebbe essere l’Ato a fare un prospettivo economico di gestione alla società, invece avviene l’incontrario. Poi viene proposto ai sindaci, che però possono solo sottoscrivere senza fare modifiche. L’iniziativa della multiutility va in direzione di peggiorare la situazione, perché diventa una realtà a piramide, dove decide il cda. A me non interessano gli utili, io voglio un servizio. Io non posso essere committente, controllore e partecipe della società. C’è un conflitto di interessi evidente, ecco perché sono contrario”.

Eppure ci sono Comuni come Firenze e Prato, che spingono in questa direzione. Come mai?
“E’ una questione degli utili e la possibilità di tenere la mano della politica sul modo imprenditoriale. Un altro motivo perché sono contrario. Di fatto si controllano mercati redditizi come l’acqua e i rifiuti”.

A favore sono soprattutto i sindaci del centrosinistra, mentre quelli del centrodestra, in particolare nel sud della Toscana, sono contrari. Non è stupito?
“Non sono d’accordo perché ancora non hanno il potere. Il principio vale per tutti”.
Non intravede proprio alcun possibile miglioramento?
“L’acqua è un bene pubblico, come stabilito dal referendum del 2011. Mi sembra che questo progetto allontani da questa visione. Una società o fa utili o fa l’interesse pubblico. In Consiglio comunale abbiamo votato una delibera che si oppone alla costituzione della holding. A favore si è espresso il Pd”.