Sui destini incrociati di banca e Fondazione Mps di fronte al bivio pericoloso dell’aumento di capitale che potrebbe sancire definitivamente la separazione delle strade tra i due enti senesi (leggi),  è intervenuto il sindaco di Siena Bruno Valentini. Nel giorno in cui il Cda di Rocca Salimbeni ha dato il via libera alla ricapitalizzazione da 3 miliardi prevista per il primo trimestre 2014 e ha convocato l’assemblea dei soci per il 27 dicembre (leggi), il primo cittadino in un'intervista sui possibili scenari futuri, sui rapporti tra banca e Fondazione, sugli errori del passato e sulle responsabilità del Governo e delle autorità di vigilanza. Bocche cucite in Fondazione intanto su quanto deciso dal Cda ma domani si dovrebbe tenere la riunione della Deputazione Amministratrice con all’ordine del giorno proprio l’aumento di capitale e l’assemblea dei soci. «Ci siamo lasciati alle spalle l’epoca in cui le istituzioni interferivano sulle decisioni che assumevano banca e Fondazione – spiega Valentini -. Questo rapporto malsano è stato l’origine di tanti errori. Questo però non consente al sindaco di Siena di non dire la sua su uno scenario denso di tante incognite. Lasciando ogni organismo libero di decidere nella propria autonomia e nella propria responsabilità alla quale non può venire meno, è ancora più evidente l’eredità pesantissima lasciata da chi ha amministrato banca e Fondazione».
 
Errori le cui conseguenze sembrano pesare ancor di più sulla Fondazione…
«Decisioni prese a suo tempo a Palazzo Sansedoni lasciano pochissimi margini di manovra a chi dirige la Fondazione adesso e con coraggio ha assunto questo incarico e sembra voler rappresentare fino in fondo gli interessi di una comunità che l’ha scelta. E’ evidente che le condizioni formali dell’indebitamento assunto dalla Fondazione rendono strettissimo il sentiero per la sua salvezza. Mentre altri soci della banca possono permettersi di stare a guardare alla finestra sull’aumento di capitale, la Fondazione non ha munizioni per difendersi e anzi ha l’incognita della caduta del valore del titolo che consentirebbe alle banche creditrici di riscuotere il pegno».
 
Che ruolo deve assumere la banca verso la Fondazione?
«In passato è stata la banca a tirare nelle sabbie mobili del debito la Fondazione e ora non può assistere senza reagire al naufragio del suo principale azionista. Gli attuali membri del Cda nominati dalla Fondazione devono sicuramente rispettare le norme del codice civile ma anche il mandato che hanno da parte di chi li ha nominati. Non possono scordarselo. E’ un problema del legame causale tra nominante e nominato e anche una responsabilità morale che si assumono verso la nostra comunità»
 
Ma altri soggetti potrebbero entrare nel capitale sociale della banca e salvarla…
«E’ una questione di cui deve occuparsi anche il Governo. Chi potrebbe avvantaggiarsi del fatto che capitali stranieri potrebbero entrare in banca e acquisirne il controllo in termini di maggioranza assoluta? Approfittando del fatto che le banche rischiano di affondare sotto il peso degli accantonamenti iperprudenziali che le autorità bancarie europee stanno imponendo con maggiore severità alle banche italiane. Oggi non c’è un’adeguata risposta da parte della politica nazionale e del Parlamento. Qui Siena non difende se stessa ma avverte l’Italia intera che si sta rischiando di portare il controllo di una grande banca nazionale in mani straniere senza soci stabili al proprio interno. La Fondazione potrebbe svolgere quel ruolo che non è più di tutela degli interessi locali. Nessuno tra Comune, Provincia di Siena e Regione Toscana sta giocando una partita per se stesso ma paradossalmente una partita per l’Italia di cui l’Italia non si rende conto perché ancora ha negli occhi la tragedia e lo scandalo degli ultimi due anni e non perdona a questa città e a questo territorio di aver buttato nel cestino una ricchezza così grande accettando di essere oggetto delle incursioni della speculazione nazionale e internazionale».
 
Quali sono le responsabilità del Governo?
«C’è una responsabilità politica ed economica che la banca mps, il Governo e le autorità di vigilanza hanno nei confronti della Fondazione mandata al massacro per responsabilità diretta di chi la dirigeva ma senza che chi doveva vigilare si rendesse conto di quello che stava accadendo. E ora la lasciano in questa zattera in mezzo alla tempesta».
 
Ma la banca deve ricapitalizzare e nei tempi più rapidi possibili. Come si concilia la sua salvezza con quella della Fondazione?
«Mi rendo conto che la banca deve fare un aumento di capitale il prima possibile per sostituire un prestito oneroso con capitale di rischio migliorando la redditività per affrontare poi le prossime scadenze nel modo migliore, però il management non può astrarsi dalla responsabilità di amministrare una banca che è diventata così grande perché ha portato in tutta Italia i valori di una piccola comunità».
 
I rapporti sembrano tesi tra Rocca Salimbeni e Palazzo Sansedoni, cosa ne pensa?
«La banca deve fare uno sforzo per riallacciare un rapporto con la presidente della Fondazione che certo non può essere dipinta come un guerrigliero degli interessi del clientelismo locale. Tra la ragionevolezza e il rispetto delle regole che ci vogliono e l’abbandono al proprio destino della Fondazione ci corre una bella differenza. Siena non può assistere inerme a questa sorta di colpo di stato interno per cui la banca si libera di un proprietario che non è più assillante come un tempo. La strada della Fondazione degli ultimi anni è stata dettata dalla banca, era il posseduto che dettava la linea al proprietario. Mi pare che oggi in banca si voglia trovare una soluzione solo finanziaria per la quale si uccide il ruolo di guida responsabile ed equilibrata da parte della Fondazione».
 
La linea emersa dal Cda della banca sembra chiaro. La condivide?
«Mi domando se tutti i membri del Cda che rappresentano la Fondazione hanno saputo servire gli interessi di tutti e due gli enti. Capisco che ci sono i fattori tempo e denaro sull’aumento di capitale. Mi rifiuto di credere che non sia possibile convincere gli investitori ad entrare dalla porta principale invece che da quella laterale sanando la situazione debitoria del principale azionista. Perché aprire un conflitto con la proprietà storica della banca? Spero che i soci privati riescano a mettere insieme gli interessi delle azioni che hanno comprato con l’interesse dell’azienda nella quale investono e li invito a considerare un’ottica di lungo periodo. Snaturare la storia di questa banca può creare una crisi di rigetto e il chirurgo deve essere particolarmente abile a considerare l’organo e il corpo che riceve il trapianto. Se si guarda solo da una parte il rischio è quello di un’operazione solo apparentemente riuscita».
 
E’ d’accordo quindi con la Fondazione che chiede più tempo?
«Sposo senza alcun tentennamento la linea della Fondazione. Questo non significa che la ricapitalizzazione non si possa fare a gennaio ma solo se la Fondazione, anche grazie alla banca, ha trovato le risposte ai propri problemi. Il fattore tempo è un obiettivo che deve essere pensato in virtù degli interessi di tutti. Se la Fondazione non ha ripianato i propri debiti a fine dicembre sarebbe meglio non convocarla l’assemblea».