E’ il giorno delle sentenze per il Monte dei Paschi di Siena. Oggii un altro tonfo in borsa potrebbe infliggere un duro colpo al valore di capitalizzazione che, dalla pubblicazione degli esami della Bce, è scesa in quattro giorni da 5,1 miliardi a meno di 3,5 miliardi di euro, mandando in fumo circa 1,6 miliardi di euro. Ma lo sguardo dei senesi sarà rivolto non solo a Piazza Affari quanto al Palazzo del Tribunale dove si svolgerà quell ache potrebbe essere l’ultima udienza del processo Alexandria. E’ infatti attesa in serata la sentenza per gli imputati di ostacolo all’autorità di vigilanza: l’ex presidente di Banca Mps Giuseppe Mussari, l’ex Dg Antonio Vigni e l’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri.
Rito immediato Il processo con rito immediato venne chiesto nel giugno 2013 dai Pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso secondo cui la triade di Rocca Salimbeni avrebbe occultato il mandate agreement stipulato da Mps con banca Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria. Il processo si aprì il 26 settembre 2013. La richiesta di condanna è 7 anni per Mussari e 6 anni per Vigni e Baldassarri. Oggi, dopo la replica dei magistrati (le arringhe sono terminate il 10 ottobre) e le eventuali controrepliche, il Collegio giudicante presieduto da Leonardo Grassi si ritirerà in Camera di Consiglio e, se non ci saranno colpi di scena, in serata dovrebbero comunicare la sentenza.
L’atteggiamento dei tre imputati Baldassarri, l’unico tra i tanti indagati nei diversi filoni dell’inchiesta a essere stato in carcere quasi sei mesi e durante I quali dichiarò di aver scritto un diario, ha seguito di persona tutte le udienze, poche quelle perse anche da Vigni che ha annotato in un quaderno tutto l’iter processuale, mentre Mussari è comparso davanti ai giudici solo quando è stato chiamato a rispondere del suo operato. Fu in quell’occasione che dette sfoggia del suo reale mestiere di avvocato «prestato alla finanza» replicando alle domande dei magistrati con una delle frasi che hanno fatto la storia di questo processo: «Io Maramaldo no». Anche domani, con ogni probabilità, saranno presenti in aula i soli Vigni e Baldassarri.
Il quadro dell’accusa e delle difese Ma per i magistrati il quadro delineato dalle indagini è chiaro: i tre imputati erano ben consapevoli dell’importanza del mandate che nascosero «all’Autorità di vigilanza e anche agli organismi interni», e Mussari «era ben consapevole che stava chiudendo un’operazione che per Mps era un disastro», con Baldassarri «braccio esecutivo» e con a fianco «il mite e leale Vigni». Il tutto venne fatto per evitare di iscrivere nel bilancio 2009 la perdita di Alexandria, poi costata ai nuovi vertici circa 500 milioni di Monti bond in più. Gli avvocati Franco Coppi e Enrico De Martino (Vigni), Tullio Padovani e Fabio Pisillo (Mussari), Filippo Dinacci e Stefano Cipriani (Baldassarri) fin dall’inizio del processo hanno impostato le loro difese sul fatto che all’interno della banca tutti sapevano del mandate agreement e che questo non era certo un segreto neppure per gli ispettori di Bankitalia. Per questo hanno chiesto ai giudici l’assoluzione con formula piena per tutti e tre.
Due spunti e accapo Con un occhio a Piazza Affari e uno al Palazzo di Giustizia, i senesi attendono sentenze in grado di dare una scossa positiva all’empasse e alla paura che aleggia in città, nella speranza che un nuovo colpo non venga inferto alla pazienza e alla dignità calpestate da spregiudicati colpevoli, più o meno finiti sul banco degli imputati, rei di aver costruito un passato di bugie e un presente di flebili speranze.
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