Dice che stasera, dalla riunione della Deputazione della Fondazione Monte dei Paschi uscirà la lista dei nomi per l’elezione nel futuro Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi. Dice che Profumo rimarrà presidente e poi se andrà dopo l’aumento di capitale. Dice che la Fondazione mette in campo tante donne per far pari con i pattisti che riconfermano gli uomini. I nomi sono stati, come sempre, fatti filtrare e sono usciti su giornali e media. Personalmente di tutto questo non mi importa nulla. Da giornalista daremo le notizie, ovviamente, da cittadino senese – e questo è soprattutto il blog di un cittadino senese che esprime le proprie opinioni – di tutto questo, di chi sarà nominato nella stanza dei bottoni, non me ne importa niente.
Perché una nomina ha un senso se si capisce perché il nominato viene prescelto e soprattutto per quale mandato, per fare che cosa. Anzi, nella logica utopistica di una città davvero rinnovata – e non è così! – i mesi che hanno preceduto queste nomine nel Monte dei Paschi – non di una bocciofila qualsiasi… – avrebbero dovuto ribollire di confronti, aspri e approfonditi, su che cosa i nominati dovranno fare in banca. Le istituzioni senesi avrebbero dovuto agevolare, sollecitare, esaltare, il dibattito tra i senesi sul futuro del Monte. La Fondazione Monte dei Paschi, anche. Decidendo poi i nomi in piena autonomia e senza ingerenza alcuna. E invece nulla. Silenzio di tomba, fino a quest’ultima fiammata di presunta attenzione sui nomi e cioè su chi sarà nominato.
Mentre il tema del che cosa andranno a fare, è rimasto colpevolmente sotto silenzio.
Hanno ragione le associazioni di Rete Imprese quando scrivono: «Ci asteniamo da qualunque considerazione rispetto al toto nomi di questi giorni, visto che le nomine non sono di nostra competenza. Quello che ci interessa sottolineare, con molta preoccupazione, è l’attuale assenza di orientamenti ed indicazioni da parte delle istituzioni cittadine, tese a sollecitare indirizzi validi per le aspettative del territorio, che potrebbero essere definitivamente compromesse da scelte non adeguatamente ponderate».
Con questo capitolo, per come è venuto fuori, la città rimane ancora sottomessa al carro di chi sceglie, ed esercita un potere che ricade su tutto un territorio e sulle migliaia di cittadini che in questo territorio vivono. Nella piena e totale subalternità dei cittadini medesimi, che non reclamano a sufficienza – a mio parere – né il diritto di parola, né il diritto di partecipare alle scelte che incideranno sul proprio presente e il proprio futuro. Magari si appassioneranno alle polemicuzze sui curriculum dei prescelti, sollevate come sempre dopo, quando i buoi saranno scappati dalla stalla, e quindi fini a se stesse. Ma nella sostanza, nulla è cambiato rispetto a prima. Anzi sì, quelli di prima erano più arroganti. Ti piazzavano trappole lungo il cammino della tua vita, ti facevano capire, sprezzanti: «Stai alla larga, ci pensiamo noi…». Questi di ora sono più pragmatici: fanno e basta. Come pare a loro.