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SIENA – Un’altra vittoria per Mps nelle aule di tribunale. La Corte d’Appello di Milano ha rigetto la richiesta danni per 450 milioni dei fondi lussemburghesi Alken Fund Sicav e Alken Luxemburg.

La pretese risarcitoria si fonda sul fatto che le azioni dell’Istituto bancario, tra il 2012 e il 2016, sarebbero state acquistate sulla base di bilanci falsi. Come si legge in una nota della Presidenza della Corte d’Appello milanese, in particolare venivano addebitati a Rocca Salimbeni, e a Giuseppe Mussari, Antonio Vigni, Alessandro Profumo, Fabrizio Viola e Paolo Salvadori, “errate contabilizzazioni degli Npl (non debitamente svalutati) e della ‘operazione Alexandria’ non considerata come Cds (Credit Default Swap). Inoltre avevano addebitato a Nomura di aver costruito tale derivato “frammentandolo in più contratti apparentemente autonomi, ma in realtà tra loro collegati” con lo “scopo di consentire” alla banca “di procedere a ingannevoli rappresentazioni contabili”.

Il Tribunale, nel 20121, pur affermando che la contabilizzazione di Alexandria non fosse corretta “in quanto effettuata a ‘saldi aperti’, aveva respinto la domanda dei fondi “per la ritenuta assenza del nesso di causalità, mentre aveva parzialmente accolto” l’istanza dell’investitore. I giudici di secondo grado invece hanno escluso qualsiasi condotta “sanzionabile” sia in merito alla contabilizzazione dei crediti deteriorati, “quanto all’iscrizione nell’attivo patrimoniale dell’acquisto dei Btp2034, tanto all’omessa rilevazione del fair value iniziale della Operazione Alexandria, quanto alla modalità di contabilizzazione di quest’ultima a ‘saldi aperti’.

Quindi, chiude la nota, “in linea con gli esiti della sentenza emessa dalla Corte d’appello penale” e da poco diventata definitiva, a carico tra gli altri di Vigni, Mussari, Baldassarri e una serie di istituti di credito, oltre che Mps, in sede civile è stato “escluso sia l’elemento oggettivo dell’illecito, sia quello soggettivo (colpa)” ed è stata confermata la sentenza di primo grado solo per il punto che riguarda l'”assenza del nesso di causalità”.