timthumb.phpTre anni e mezzo di reclusione per ostacolo all’autorità di vigilanza. L’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari, l’ex dg Antonio Vigni e l’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri condannati lo scorso 31 ottobre dal collegio del Tribunale di Siena per aver occultato il Mandate Agreement del 2009 con banca Nomura sottoscritto per la ristrutturazione del derivato Alexandria. Oggi, a 3 mesi di distanza, sono state depositate le motivazioni della sentenza. Si tratta di 162 pagine che ripercorrono minuziosamente le udienze del processo, le testimonianze rese in aula e che individuano chiaramente il disegno criminoso messo in atto.

Il ruolo esecutivo e determinante di Mussari Tra i passaggi degni di nota e le osservazioni dei giudici spicca il «ruolo esecutivo e

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L’ex presidente di Mps Mussari durante l’udienza a Siena

determinante» di Mussari contrariamente a quanto voleva dimostrare la difesa dell’ex presidente di Mps che più volte ha richiamato in aula un ruolo di secondo piano. Tra le pagine, nell’ultima delle 7 parti con le quali sono suddivise le motivazioni, quella contenente la «Condotta tenuta dagli imputati», si legge  il disegno criminoso che secondo i giudici sarebbe stato messo in piedi dai 3 accusati.

Il preciso disegno crimoso «Il percorso è sempre il medesimo e si svolge in una sequenza che coinvolge tutti gli imputati in un preciso disegno criminoso, nel comune obiettivo perseguito di elidere Il rischio di default di Alexandria senza costi da riportare nel bilancio di esercizio: Mussari con la Call Conference impegna il Monte dei Paschi nei termini richiesti da Nomura, assumendosi ogni responsabilità in merito alle criticità rappresentate, dando in tal modo il via libera all’operazione della quale non viene reso edotto il revisore esterno; Vigni e Baldassarri sottoscrivono a circa a 3 settimane di distanza dalla call conference, il Mandate Agreement; le distinte componenti della complessa operazione seguono il loro corso all’interno del Monte dei Paschi, nel descritto clima opaco manovrato con abilità da Baldassarri e, necessariamente, esso si proietta all’esterno, come voluto dai correi; la Banca d’Italia, all’esito dell’ispezione Cantarella (2010 ndr), viene perciò resa edotta da Vigni e Mussari che il BTP con Nomura è soltanto un carry trade, senza alcuna menzione alla ristrutturazione di Alexandria; gli stessi risultati ottiene Consob interpellando formalmente il Monte dei paschi di Siena e, pertanto, incarica il team guidato da Scardone di effettuare le necessarie verifiche sui rapporti intrattenuti dall’istituto di credito con Nomura; l’ispezione Scardone (dal 27 settembre 2011 al 9 marzo 2012 ndr) che prende le mosse dalle risultanze dell’ispezione Cantarella e le approfondisce, ottiene la medesima risposta già offerta da Vigni e Mussari: ancora soltanto un carry trade, come precisato da Baldassarri rispondendo ad una e mail di La Ganga; come ribadito da Contena, controllore subordinato gerarchicamente al controllato Baldassarri, il qale nega il collegamento negoziale a La Ganga, come lo aveva negato nei confronti di Kpmg, su espressa sollecitazione di Baldassarri; sulla scrota delle indagini svolte l’organo di vigilanza giunge ad ipotizzare quanto rappresentato nei riferimenti riservati per la Consob. Pertanto qualunque fosse la fonte interrogata – ivi comprese le funzioni interne del Monte dei Paschi di Siena, la cui cognizione dell’operazione era modulata sulle informazioni elargite, con parsimonia e senza timore di smentita, da Baldassarri – la risposta ottenuta non avrebbe potuto contemplare il Mandate Agreement. Esso, per entrare nella disponbilità di Banca d’Italia (così come della Consob), doveva essere necessariamente consegnato da chi lo conosceva e dunque dai tre imputati I quali, nelle varie sequenze esposte, ognuno per il ruolo ricoperto nel Monte dei Paschi, hanno concorso, in modo apprezzabile e condividendo l’obiettivo, nella condotta di ostacolo nei confronti dell’autorità di vigilanza, con piena consapevolezza del contributo recato all’agire dei correi».

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Un solitario Mussari in un momento dell’udienza

Un corto circuito informativo I giudici descrivono poi il disegno criminoso come «un corto circuito informativo – così ampio e puntuale, tale da fare emergere la reiterata negazione del collegamento tra la ristrutturazione di Alexandria e il BTP 2034 – non può essere frutto di coincidenze, disattenzione, fraintendimenti o negligenza ma risponde al disegno crimoso degli imputati». Lo stesso collegio quindi sottolinea: «parimenti una tale univocità degli esiti dell’istruzione dibattimentale che vede il convergere di dichiarazioni di testimoni di così eterogenea estrazione non può essere ignorata e ritenuta frutto di una falsa rappresentazione della realtà. In conclusione, le risultanze dell’istruzione dibattimentale, confermano senza alcun dubbio la fondatezza del quadro accusatorio e, segnatamente, la penale responsabilità degli imputati».

Il pericolo default e la necessità di remunerare la Fondazione Mps Nelle 162 pagine, prima della parte relativa alla «Condotta tenuta dagli imputati», vi è un’altra sezione dove si riporta più volte l’intento dei 3 accusati. Nella parte della «Ratio sottesa alla ristrutturazione di Alexandria» si legge infatti: «secondo l’intento condiviso degli imputati, Alexandria doveva essere ristrutturata onde evitare che eventuali default dei sottostanti – comunque ipotizzabili in un momento di intense fibrillazione dei mercati, che aveva visto anche l’inatteso fallimento della banca Lehman Brothers – potessero comportare delle perdite che avrebbero influito negativamente sui risultati di bilancio con indubbi danni anche reputazionali; al tempo stesso – per la medesima esigenza di evitare impatti negativi sul conto economico – i costi della ristrutturazione dovevano essere diluiti nel tempo, senza emergere nel bilancio del 2009; inoltre risultati negativi di bilancio avrebbero reso impossibile anche la remunerazione dei titolari delle azioni F.r.e.s.h (in massima parte soggetti istituzionali quali la Fondazione Mps) nonchè, in genere, la distribuzione di utili, con un altrettanto grave danno reputazionale per l’istituto di credito senese ma anche evidentemente, per i suoi vertici che sarebbero stati ritenuti incapaci di gestire una tanto delicata contingenza economica».