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SIENA – Di tempo non ne è rimasto molto per rispettare gli accordi presi dall’Italia con le autorità europee sull’uscita dello Stato del capitale di Mps. La scadenza è fissata a fine 2024. Secondo Repubblica, questo termine sarà prorogato.

Come moneta di scambio, per così dire, il Tesoro scenderà di un altro 8-10% nell’azionariato, rimanendo in possesso di una quota inferiore al 20%. Un segnale verso l’Europa, in attesa che poi il prossimo anno vada in porto quel matrimonio che il ministro Giancarlo Giorgetti prospettiva per il 2024. Se non fosse che dal governo continuano a ripetere che non c’è fretta di uscire. Con le azioni poco al di sotto dei 5 euro il Mef è intenzionato a capitalizzare ancora una volta questo gruzzolo. Possibili che siano chiamati in causa investitori istituzionali.

Sistemato questo passaggio, poi si penserà a un’operazione strutturale che coinvolga altri soggetti. Nella lista stilata dal quotidiano di casa Exor, i nomi sono sempre gli stessi. L’unica via percorribile, per un motivo o per un altro, è rappresentata da Unipol, tramite Bper. Non una novità. Si punterebbe su un patto che contempli i rami bancario e assicurativo. Mps si impegnerebbe a sua volta a rompere la partnership con Axa, in scadenza nel 2027, ricomprando il pacchetto venduto ai francesi.

Come già evidenziato nei mesi scorsi, ci sarebbe da superare la diffidenza dell’esecutivo verso un soggetto un tempo considerato molto vicino alla sinistra. Oggi però il colosso guidato da Carlo Cimbri è altra cosa e perfino Luigi Lovaglio, ad di Montepaschi, potrebbe caldeggiare questo progetto. Sempre che dall’estero qualcuno batta tutti sul tempo, ma sotto questo governo sembra difficile una scalata non italiana.

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