Le cronache che stanno coprendo la vicenda Mps francamente sono frustranti per chiunque. Si parla di dirigenti «infedeli», di «false informazioni», «occultamento di notizie», di casseforti chiuse con contratti nascosti e di milioni di euro andati in fumo. Un’autentica trama da giallo degna di Hitchcock. Manca l’esecutore materiale (lo stabilirà la Magistratura) ma la vittima è sotto gli occhi di tutti e il movente comincia a mostrarsi. I mandanti sono ancora nell'ombra ma il cerchio si stringe.
Lo rivelano le cronache politiche che raccontano di questa vicenda e che portano tutte nella stessa direzione. PierLuigi Bersani prima ha detto che il «Pd fa il Pd e le banche le banche», poi ha minacciato di «sbranare» quelli che si fossero azzardati a sparare sul partito per la vicenda Mps, ora se ne esce addebitando ai senesi la responsabilità dell’accaduto per «eccesso di localismo». La presidente del partito, Rosy Bindi, invece, a Porta a Porta, ha dichiarato che «finalmente si è rotto il legame stretto tra Siena e la terza banca del Paese». Domenica scorsa, infine, su Il Sole24Ore, Giuliano Amato, uomo di area Pd e da sempre molto vicino a Siena, ha voluto firmare un editoriale dal titolo «È tempo di completare la mia riforma», secondo il quale «la vicenda del Monte dei Paschi e della sua Fondazione ha riproposto all'attenzione le distorsioni e le incompiutezze del processo di riforma, che prese le mosse dalla mia denuncia di oltre vent'anni fa sulla "foresta pietrificata" delle nostre banche». In tutti i casi (eccetto il Dottor Sottile in verità) Franco Ceccuzzi viene confermato candidato sindaco del Pd perché ha voluto la «discontinuità» a Siena.
Ad esempio, come fa Bersani a dire che la colpa di tutto è l’eccesso di localismo? Fintanto che la banca e la fondazione sono state oculatamente gestite da senesi, in pieno accordo con i poteri romani, le cose non solo andavano bene ma miglioravano. Vittorio Mazzoni della Stella lo ha recentemente ricordato (leggi) e anche Giovanni Grottanelli de' Santi. Un patto tra le maggiori forze politiche (Dc, Pci, Psi et alia) aveva consentito di far diventare Mps una delle banche più solide e meno contendibili del Paese. Il che vuol dire che nessuno da fuori poteva comprarla. Il che vuol dire che la banca all’epoca faceva la banca e la politica era funzionale a farla funzionare al meglio.
Poi, sono venute le pressioni e gli appetiti da fuori (Banca121, il tentativo fallito di Bnl con Unipol, Antonveneta). E la colpa più che nel localismo va cercata nel globalismo, nella bramosia di voler entrare nei salotti buoni (nazionali e internazionali) da cui la banca era sempre rimasta fuori. E così Mps è stata riempita di debiti fino a diventare,oggi, vendibile al primo offerente, come va dicendo l’attuale presidente Alessandro Profumo che cerca un nuovo socio, nonostante la Fondazione gli abbia dato diverso mandato (leggi).
Chissà che non fosse proprio questo il vero disegno di qualcuno. E che il movente dell'assassinio che oggi stiamo piangendo non fosse proprio togliere la banca dal controllo di Siena e poi, come in un delitto perfetto, assegnare pure la colpa ai 200mila senesi, che sono invece le prime vittime. Proprio stamani su Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio a proposito della minaccia bersaniana di "sbranare" chi accusa il Pd per Montepaschi scrive "così anche i pochi che lo ritenevano estraneo capiscono che c'è dentro fino al collo". Il cerchio si stringe?
Ah, s'io fosse fuoco