ROMA – L’avanzata di Crédit Agricole su Bpm avrebbe fatto suonare più di un campanello di allarme.

Non è la prima volta che si tirano in ballo le mire delle banche straniere su quelle italiane, ma l’acquisto di oltre il 9% dell’istituto diretto da Giuseppe Castagna, è molto più di una voce. Soprattutto se si allarga l’orizzonte a Banca Mps, che prima o poi dovrà rituffarsi nel mercato. Che per Matteo Salvini però ha solo una connotazione nazionale.

“Il Mef ha confermato che Mps merita un futuro da protagonista, senza spezzatini, svendite e chiusure indiscriminate: verranno salvaguardati il lavoro e il legame col territorio, senese e toscano soprattutto. Benissimo: era quello che chiedeva la Lega. Ora avanti tutta, per archiviare i disastri targati Pd e trasformare il Monte dei Paschi nel terzo polo bancario italiano, aggregando altre banche, a sostegno delle piccole e medie imprese”, ha detto il leader della Lega, che all’indomani dell’audizione del ministro Franco in commissione Finanze di Camera e Senato, non aveva preso alcuna posizione. A differenza di quanto fatto questa mattina, con un’affermazione che rappresenterebbe più che altro una risposta diretta alla mossa di Crédit Agricole. Operazione che non avrebbe suscitato neppure la gioia dei sindacati.

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Sindacati che nella figura di Riccardo Colombani, rieletto segretario generale della First Cisl, ha proposto un disegno alternativo per Rocca Salimbeni. “Senza capitale adeguato – ha affermato Colombani – Mps non può competere con le altre banche, perché non può erogare nuovo credito e quindi non può aumentare i ricavi da interessi. È come un pugile che sale sul ring con un braccio legato dietro la schiena. Al di là della contesa tra gli azionisti di Generali (che è per altro secondo azionista di Montepaschi, ndr), l’auspicio è che Mps possa rientrare nei disegni strategici del Leone di Trieste. Non è un’operazione romantica, per la mera salvaguardia del marchio e per l’integrità della banca più antica al mondo: Generali ne trarrebbe indubbi vantaggi”.

E ancora: “Bisogna creare le condizioni, affinché ciò accada, con incentivi da una parte e, dall’altra, con l’impegno verso il lavoro, verso i territori, verso il Paese. Intanto, serve la predisposizione dell’ennesimo piano di impresa, che non potrà basarsi ancora sui sacrifici per lavoratrici e lavoratori, come il piano 2016-21, che ha determinato il crollo dei ricavi. Poi, il cda dovrà definire l’aumento di capitale da fare al più presto per sviluppare il credito e recuperare progressivamente le quote di mercato”.