Pullman e macchine da ogni parte d’italia in rappresentanza dei 25mila lavoratori Monte dei Paschi sono attesi a Siena per venerdì 16 marzo quando si terrà la manifestazione indetta dalle sigle sindacali Dircredito, Fabi, Fiba, Cisl, Cgil Fisac, Ugl Credito e Uilca. Dipendenti in piazza per rinnovare la richiesta di dimissioni dei vertici bancari e soprattutto per dire no al rapporto presentato al consiglio di amministrazione dal nuovo direttore generale Viola e che prevede tagli drastici o addirittura la riduzione di 1500 lavoratori (leggi).
 
Viola non bacia tutti «Una delibera unilaterale che ha profondamente modificato le relazioni sindacali in questa banca – ha sottolineato Marco Radi, Fiba Cisl -. Quando avremo conoscenza certa del piano industriale e del bilancio della banca valuteremo quali debbano essere i provvedimenti. Certo è che prima di mettere le mani nelle tasche dei lavoratori si possa tagliare gli sprechi, le consulenze, gli stipendi ingiustificati ai top manager, I benefit, le auto aziendali che sono veramente fuori tempo in un’azienda moderna come dovrebbe essere il terzo gruppo bancario italiano». «Abbiamo riscontrato che la buonafede di cui avevamo dato credito al direttore generale Viola non sussisteva. Nell'incontro che avevamo avuto ci aveva dato rassicurazioni, sottolineando il valore delle relazioni industriali, poi ha portato in cda una relazione sui tagli al personale». Così Carlo Magni, rappresentante della Uilca, ha commentato il deterioramento delle relazioni sindacali tra i lavoratori e il Monte dei Paschi. E, come ha spiegato Antonio Damiani della Fisac Cgil, «i lavoratori non accettano che le loro condizioni vengano riallineate a quelle del settore in maniera autoritaria, cancellando una storia di relazioni sindacali». «L'atteggiamento di Viola è stato autoritario, non ci ha consegnato alcun documento o progetto per la revisione generale delle spese: si è puntato esclusivamente a ridurre le spese del personale», accusa Alberto Arrigucci di Ugl Credito
 
Niente Profumo di sconti Difficile fare previsioni sui numeri anche se sono attese migliaia di persone dopo le assemblee tenutesi in ogni regione. Il tutto mentre il titolo di banca scende in borsa e sempre più attendibile si fa il nome di Alessandro Profumo alla presidenza (leggi). Anche per lui i sindacati non faranno sconti. «Affronteremo il discorso del presidente quando verrà presa una decisione – afferma Antonio Damiani, Fisac Cgil -. Tutti i dirigenti vanno valutati per quello che fanno ma sicuramente non faremo sconti a nessuno, nè a quelli che già ci sono nè a quelli che verranno. Tra l’altro abbiamo esplicitamente identificato quail fossero le responsabilità dei presidenti di banca e Fondazione (leggi) così come in questo momento stiamo valutando quelle del nuovo direttore generale. Ovviamente non faremo nessun tipo di sconto al presidente quando arriverà». E si spinge oltre Florindo Pucci della Fabi: «La volontà delle istituzioni cittadine di insistere sulla soluzione Profumo per la presidenza della banca, la dice lunga sulla volontà di percorrere una situazione di conflitto coi lavoratori: in passato lui ha rappresentato il modo più duro di confronto con il sindacato, facendo piani industriali sulle spalle dei lavoratori».
 
Ma per l’acquisizione Antonveneta? L’8 novembre del 2007 le stesse sigle sindacali intervennero sull’acquisizione Antonveneta plaudendo all’operazione che poi avrebbe inciso in maniera irreversibile sul bilancio MPS. Le ripercussioni di quella operazione si fanno sentire anche oggi e, scelta strategica sbagliata ma condivisa, quelle stesse ripercussioni sono alla base dei provvedimenti lavorativi che ricadranno sui dipendenti Mps.
“Esprimiamo grande soddisfazione per un'operazione che si inquadra perfettamente all'interno delle strategie previste nel Piano Industriale di Gruppo 2006-2009 – si leggeva nel comunicato stampa del novembre 2007 -, volte a privilegiare il ruolo aggregante dello stesso ed il mantenimento dell'indipendenza strategica. Tale operazione consente di concretizzare in maniera effettiva la costituzione di un terzo polo bancario all'interno del panorama domestico, mettendo al riparo la Banca da speculazioni mediatiche e finanziarie. I lavoratori della Banca e del Gruppo hanno ampiamente contribuito alla realizzazione di questo basilare obiettivo, affrontando con responsabilità i processi di ristrutturazione derivanti dall'applicazione del Piano Industriale”.
Dopo oltre 4 anni a precisa domanda in merito le sigle sindacali hanno evidenziato che «non possono entrare nel merito delle scelte».  Sembra differente il quadro di oggi di fronte alle “scelte” per far tornare i conti del bilancio. All’accusa di non aver fatto niente perchè si arrivasse a questo punto i sindacati rispondono: «Non siamo il Cda, non siamo noi a dover vigilare i costi effettivi delle operazioni, se qualcuno ha fatto il contratto per l'acquisizione di Antonveneta senza clausola di salvaguardia, costringendo Mps a fare due aumenti di capitale non è colpa di questo tavolo. Siamo convinti che chi dirige l'istituto ha sbagliato e per questo abbiamo chiesto le dimissioni del presidente della banca Mussari e della Fondazione Mancini, non può pagare solo l'ex dg Antonio Vigni (leggi) ma tutto il top management».