«È colpa della ditta Pci-Pds-Ds e Ulivo», sostiene l’ex sindaco di Siena, Vittorio Mazzoni della Stella (leggi). La colpa è di tutti i partiti e il Pd da tempo aveva fatto opera di discontinuità, sostengono i dirigenti del partito maggiormente sotto accusa per le drammatiche vicende Mps. Si sa che la colpa, come la sconfitta, è sempre orfana, ma se si professa la discontinuità non sarà il caso di argomentarne meglio i contenuti? Da chi? Da quali metodi e scelte? E con quali risultati?
Invece, viene offerto al dibattito pubblico un vuoto refrain che credevamo sepolto e che anzi da qualche settimana ha ripreso pigolo. Forse per esorcizzare la pubblicazione dei risultati di quella commissione regionale d’inchiesta su Mps che sta producendo due distinti documenti, uno del Pd e uno dei partiti di opposizione. Documenti annunciati per i primi di settembre ma di cui la stampa (Il Fatto, Repubblica Firenze e Corriere Fiorentino) in questi giorni sta offrendo ampi stralci (leggi).
Il primo che è tornato a parlare di discontinuità col passato è stato il consigliere regionale Simone Bezzini, poi in modo congiunto il segretario regionale Pd, Dario Parrini, e quello senese, Alessandro Masi. Oggi anche il capogruppo Pd in Consiglio regionale, Leonardo Marras.
«Non fu solo colpa della politica senese. Ci furono ambienti, fuori e dentro il Pd, più bravi a camuffarsi di fronte alle responsabilità», ha sostenuto, non senza critiche, a La Nazione Siena, l’ex presidente della Provincia di Siena (2009/2015) Simone Bezzini, oggi unico superstite ancora attivo in politica di quella stagione. «Dopo la discontinuità e riassetto dal 2012 e quattro anni di autocritica e di messa in discussione del solo Pd locale, rispetto a tutte le altre forze politiche del tempo, le generalizzazioni e le strumentalizzazioni sono fuori tema quando scaricano unicamente ‘a terra’ (su Siena) la tempesta del cielo sopra il Monte», hanno scritto pochi giorni fa a quattro mani Parrini e Masi. Ultimo in ordine di tempo, su Il Corriere Fiorentino, il capogruppo Pd in Regione Toscana Leonardo Marras, che parla di “discontinuità del suo partito” nel commentare la relazione, a firma Pd, della Commissione d’inchiesta regionale.
Nel tentativo di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle responsabilità politiche su Mps e dalle colpe dei singoli, il Pd, a tutti i livelli, torna ad invocare la discontinuità, vera o presunta, ben sapendo che il primo a parlarne fu l’allora sindaco Franco Ceccuzzi, peraltro richiamato a mo’ di esempio dallo stesso Marras. Il 29 dicembre 2011, in una intervista a La Nazione, infatti, l’allora primo cittadino prese per la prima volta le distanze da Mussari & Vigni, ma a ben vedere la cronologia degli eventi fu quello un disperato tentativo di rimanere a galla.
Tutto in politica è lecito, compreso intorbidire le acque, ma la verità non si può nascondere per troppo tempo. Né il ripetere una inesattezza come un mantra la rende alla fine più veritiera. Come questo refrain della “discontinuità” che, francamente, ritenevamo superato.
Se, infatti, è vero che pochi giorni dopo quella intervista, il 12 gennaio 2012, salì in Rocca Salimbeni l’attuale dg Fabrizio Viola al posto di Antonio Vigni (cui venne bloccata da Bankitalia la buonuscita da 4 milioni di euro) e dalla primavera successiva Alessandro Profumo prese il posto di Giuseppe Mussari (alla scadenza naturale del mandato, però, non per sfiducia del cda) è pur vero che questa “discontinuità” non ebbe origine politica.
La ha rivelato – senza smentite – nei mesi scorsi, davanti ad una commissione del Senato, il Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, affermando di avere personalmente chiesto la rimozione di presidente e direttore generale di Rocca Salimbeni (leggi). Era il 15 novembre 2011. Di lì a un mese, senz’altro informato sulla situazione che stava precipitando, il sindaco Ceccuzzi consumò il suo strappo personale con Mussari e Vigni, invocando discontinuità. Non prima, come si è tentato, e si continua, di far credere. Così come non prima batté un colpo di discontinuità il Pd che oggi prova a usare questo argomento per rivendicare chissà quali meriti. «Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà», canta Francesco Guccini.
Certi attori di quella stagione politica ancora in circolazione (Bezzini in primis che dopo aver dichiarato il proprio ritiro dalla politica si è poi ripresentato alle elezioni regionale del 2015) provano, dunque, a giustificare se stessi e condizionare il Partito, anche a livello regionale, sperando di indurre in errore quanti in buona fede ancora credono al Pd. Mentre sembra che i nuovi dirigenti (Leonardo Marras ad esempio) non abbiano il coraggio di rompere definitivamente con il passato e, più semplicemente, fanno credere di averlo già fatto. Se questa è la strategia democratica per avere una qualche speranza di salvezza e credibilità in queste terre appare ben poca cosa. Non fu convincente allora, lo è oggi ancor meno.
Ah, s’io fosse fuoco