Attore, regista, autore, tra i massimi esegeti e interpreti della napoletanità, Enzo Moscato porta due dei suoi cavalli di battaglia in due teatri fiorentini: al Teatro delle Arti di Lastra a Signa, venerdì 24 marzo (ore 21) e al Teatro Cantiere Florida, sabato 25 marzo (ore 21).
Compleanno Dedicato alla memoria di Annibale Ruccello, drammaturgo scomparso nel 1986 a soli trent’anni, “Compleanno” (testo e regia di Enzo Moscato, scena e costumi di Tata Barbalato voce su chitarra di Salvio Moscato), in programma venerdì 24 marzo al Teatro delle Arti di lastra a Signa (FI) è una prova d’artista che resiste nel tempo. Uno spettacolo diventato un punto di riferimento del teatro contemporaneo, scritto, diretto e interpretato da uno degli autori e attori più significativi della scena partenopea e italiana, erede di Viviani ed Eduardo. Il testo sviluppa il doppio tema incrociato dell’ assenza e del delirio, intesi entrambi come produzioni fantasmatiche fatte di parole, suoni, visioni, gesti, e mirati a colmare il vuoto, l’inanità dell’ esistenza. O del teatro. Una specie di esercizio quotidiano del dolore, del controllo e di elaborazione della pulsione di morte, senza assumerne, però le condotte autodistruttive, ma sorridendone, talvolta godendone come una festa, un ciclico ricorrere di affinità elettive, di sconvolti, teneri ricordi. Un capolavoro linguistico, tra gli spettacoli più intensi e rappresentati nell’ambito del repertorio di Enzo Moscato, innovatore e poeta della drammaturgia del Secondo Novecento.
Scannasurice Sabato 25 marzo, al Teatro Cantiere Florida va in scena “Scannasurice”, il testo che nel 1982 segnò il debutto di Enzo Moscato come autore e interprete. Lo spettacolo che si è aggiudicato il Premio della Critica 2015, vede protagonista Imma Villa e la regia è di Carlo Cerciello. Ambientato dopo il terremoto del 1980 a Napoli, Scannasurice è una sorta di discesa agli “inferi”, di un personaggio dalla identità androgina, nell’ipogeo napoletano dove abita, all’interno di una stamberga, tra gli elementi più arcani della napoletanità, in compagnia dei topi – metafora dei napoletani stessi – e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee, dalla Bella ‘mbriana al Munaciello, tra spazzatura e oggetti simbolo della sua condizione, alla ricerca di un’identità smarrita dentro le macerie della storia e della sua quotidianità terremotata, fisicamente e metafisicamente.