La politica non la si dovrebbe mai fare né con i morti, né con gli atti della Magistratura. E neppure, sul Monte dei Paschi, visto lo scempio operato nel recente passato. Scendendo nel merito queste controindicazioni del buon senso, si allude alla morte del senzatetto in via San Pietro; alla richiesta di archiviazione per alcune delle accuse al sindaco Bruno Valentini. E infine ai destini della banca senese.
Si dovrebbe sempre rimanere dentro il recinto delle cose della politica, dell’amministrazione, del giudicare le cose fatte o non fatte, le cose di cui i cittadini hanno bisogno per la loro vita, che poi è la vita della città. Così sarebbe stato meglio lasciare alla pena e alla tristezza la fine di Angelo Polentino, ucciso dal freddo nel suo rifugio di una notte di week end, nel cuore di Siena. Senza costruire steccati tra poveri in un modo e poveri in un altro. Anche perché chi vive sulla strada ha storie difficili da ricostruire, cause e motivazioni che non possono essere inserite dentro le rigide barriere delle speculazioni politiche.
Personalmente non so nulla di Angelo, la sua vita non è ricostruibile, labili i suoi legami anche di parentele. Il sistema della protezione sociale non può costringere nessuno a non vivere sulla strada. Si possono alleviare i disagi, soprattutto contro il gelo, con la disponibilità di un letto al coperto, o con la distribuzione di coperte e bevande calde. Ma quello del cosiddetto popolo degli invisibili è un mondo in cui la politica dovrebbe evitare di addentrarsi. Si fanno brutte figure.
Faccio un esempio personale: alla fine degli anni Novanta, quando ero Capo de La Nazione dell’Umbria, a Perugia, l’androne del palazzo in cima alla centralissima Corso Vannucci dove era la redazione, divenne la dimora notturna di un senzatetto. Arrivava intorno alle 20, si sistemava con cartoni e coperte sul lato dove non intralciava l’ingresso. E passava la nottata. Raramente era sveglio quando, intorno alle 23 lasciavo la redazione.
La prima volta che trovammo questa persona dentro il palazzo, provai fastidio e anche timore. Poi, pian piano, ebbe la meglio la pena, verso una esistenza di cui non conoscevo nulla – così come quella di Angelo Polentino – e che era approdata, chissà come, a quel portone. Una notte, quando era ormai diventato una presenza abituale, che quasi scandiva la fine della mia lunga giornata di lavoro, lo trovai con gli occhi spalancati. Tirai fuori 10.000 lire e poi gli chiesi se avesse bisogno di qualcosa. Lui prese i soldi e mi disse: «Sto bene così». E accennò un sorriso. Ho ripensato a quell’uomo, senza un’età definibile, quando ho saputo della morte di Angelo Polentino.
Non so se lasciò il suo ricovero di fortuna per la protesta di qualcuno del condominio, o di propria volontà. Sparì all’improvviso, come fanno gli invisibili. Non so neppure se anche lui abbia fatto la tragica fine di Angelo, che aveva un matrimonio finito alle spalle, che aveva dei fratelli con cui aveva spezzato ogni legame. Che viveva sulla strada e che sulla strada c’è morto. Fare irruzione con le dinamiche della politica dentro vicende come questa, non è mai opportuno. Alla fine diventa un boomerang. Si può andare poco oltre la pena e la tristezza. Perchè anche rappresentare la morte di Angelo come una circostanza da attribuire all’egoismo distante di una città futile, mi pare esercizio sterile, di fronte alle migliaia di volontari – molti giovani – che nella Pubblica Assistenza, nella Misericordia, nella Contrade, si dedicano agli altri.
Eppure anche il dramma di Angelo Polentino è finito nel tritatutto della contrapposizione politica. All’assessore ai servizi sociali, Anna Ferretti, sono stati fatti addebiti non motivati – ovviamente a mio parere – chiedendone perfino la “testa”. Prefigurando così un terzo scenario di auspicate dimissioni dentro la giunta comunale. Le altre vicende riguardano quantomeno il terreno più opportuno della dinamica politica: c’è la mozione di sfiducia delle opposizioni al sindaco Valentini. E ci sarebbe una sorta di sfiducia latente nei confronti del vicesindaco Fulvio Mancuso, che sarebbe stata rappresentata da Stefano Scaramelli al coordinatore comunale del Pd Alessandro Masi.
Una vicenda, quest’ultima, tutta interna agli equilibri del Pd. Singolare, perché nel momento in cui il partito di maggioranza ha da difendere il mandato amministrativo dalle opposizioni, per tutelare il Sindaco, viene aperto un fronte interno al Pd, contro il Vicesindaco. Che peraltro era già stato messo nel mirino, circa un anno e mezzo fa, da quella parte che allora veniva definita “ceccuzziana”. A quel tempo il sindaco Bruno Valentini, ad una trasmissione a Siena Tv, disse: «Chi attacca Mancuso attacca me». Non si hanno motivazioni per ipotizzare che oggi le cose stiano in altro modo. E dunque, probabilmente, la vicenda è stata posta sul tavolo non tanto per effettivi contraccolpi sulla giunta comunale, ma per determinare posizioni nella dinamica tutta interna che porterà verso il Congresso e al successivo risiko delle candidature, da quelle per il Comune a quelle per il Parlamento.
Per Masi, comunque, una prova difficile, che impone accelerazioni rispetto ai ritmi di mediazione di qui seguiti. A Masi è stato chiesto in modo esplicito dal consigliere comunale Stefania Bufalini, un approfondimento sulle vicende della mozione anti-Valentini nella Direzione Comunale. Ecco, quella sarà la sede del confronto in cui si capirà qualcosa di più sui posizionamenti del Pd non tanto per il voto su Valentini, quanto per il dopo-mozione. Scaramelli ha già parlato chiaro: «La crisi dell’amministrazione comunale non nasce né dalla mozione dei Cinque Stelle nè dal blog di Grillo. C’è una crisi nel rapporto con la città». E questo, forse, il Pd dovrebbe avere prima o poi il coraggio di approfondire. A maggior ragione dopo che avrà salvato Valentini.
Intanto si arriverà al Consiglio Comunale in cui verrà votata la sfiducia al Sindaco, con un elemento in più, affatto secondario. La Procura di Siena ha infatti chiesto l’archiviazione per alcune accuse – truffa aggravata e abuso d’ufficio – per cui era stato indagato Bruno Valentini. Il sostituto procuratore di Siena, Andrea Boni, avrebbe presentato la richiesta sulla posizione del sindaco «per mancanza di dolo in quanto i fondi sono stati utilizzati per la realizzazione dell’opera pubblica». L’inchiesta riguarda il finanziamento e la realizzazione del campo di baseball a Castellina Scalo. Resterebbe, invece, in piedi l’accusa di falso in atto pubblico.
Ora siccome è stato dato peso politico alla notizia dell’avviso di garanzia per il campo da baseball. Onestà politica vorrebbe che si desse analogo peso alla notizia della imminente richiesta di archiviazione. E senza diffonder fumo e nebbia su questo atto, visto che al precedente si era invece attribuita una luminosa aura giustizialista. La realtà è che la politica a Siena continua ancora a far fatica a competere su idee e progetti di effettivo rilancio, preferendo una sterile contrapposizione di posizionamento.
La terza cosa, dopo la morte del barbone e gli atti della Magistratura sul Sindaco, su cui la politica dovrebbe – a parere dello scrivente – avere maggiori cautele, è il Monte dei Paschi. Non tanto perché debbano starsene alla larga, ma perché ogni posizione, profezia o certezza, rischia di essere vanificata da un ordine misterioso in Borsa dei fondi americani, o dagli attacchi degli speculatori, o dagli accordi sulla bad bank fra Governo ed Europa, con il conseguente inizio del risiko.
Importante sarebbe, in ogni caso, che chi è dipendente della banca e si esprime sugli scenari della banca perché ha un ruolo politico, non ci siano diversi atteggiamenti di Mps tra, per esempio, un’intervista di Scaramelli o una di Montigiani. Antipatici sarebbero interventi in qualche modo censori da parte della banca. Soprattutto se indirizzati solo verso Montigiani. Arriverebbero, fra l’altro, questi inopportuni interventi verso un dipendente, nel momento in cui invece la banca è riuscita a portare a casa un bell’accordo con i tutti i dipendenti. Una percentuale superiore al 95% è infatti favorevole all’ipotesi di accordo sulla contrattazione di secondo livello e sul contenimento dei costi “firmata unitariamente in data 24 dicembre 2015, dopo un impegnativo negoziato con l’azienda”. E’ un buon accordo, anche perché all’obiettivo della riduzione del costo del lavoro partecipano sia i dipendenti con dinamiche di solidarietà, sia i top manager con la riduzione dei propri compensi. L’accordo prevede che sul capitolo costi, ogni anno si verifichi la possibilità di ridurre le misure previste a carico dei lavoratori. Sarebbe bello poter avere una macchina del tempo e ritrovarsi così più avanti, tra dodici mesi. Per capire che Monte sarà tra un anno. E che Siena sarà.