“Suicidio” e due archiviazioni per il Tribunale di Siena, una del marzo 2014 e l’altra di luglio 2017. “Chi sa parli. Come fanno la mattina a guardarsi allo specchio?” chiedono la moglie Antonella e Carolina, sua figlia. Le indagini e la giustizia hanno fatto il loro corso ma rimane ancora avvolta in un alone di mistero, dubbi, supposizioni e illazioni la morte di David Rossi, l’ex capo dell’area comunicazione di Banca Mps precipitato dalla finestra del suo ufficio nel vicolo di Monte Pio dietro Rocca Salimbeni la sera del 6 marzo 2013.
Di sicuro c’è solo che è morto. E la città, forse si interroga. Non lo ha ancora fatto a fondo su uno dei periodi più bui della sua storia con una banca dalla storia lunga cinque secoli e che ha bruciato in pochi anni 50 miliardi di euro. Lo scandalo dei derivati, le indagini su Alexandria e Santorini e i tentativi di coprire i buchi di bilancio per l’acquisto di Antonveneta così come le perquisizioni personali sono stati il terreno fertile dove il dramma della morte di Rossi si è consumato. Di certo la morte di David Rossi è stata il punto più drammatico nella storia pluricentenaria di banca Mps. E non tutti a Siena se la sentono di derubricare quella vicenda come archiviata. Una conclusione, quella del Tribunale, che ancora non convince i familiari, e i tanti senesi che nel 2016 scesero per strada proprio fin sotto al Tribunale per chiedere “Verità per David”, che da tempo portano avanti una dura e faticosa battaglia a colpi di perizie per riaprire l’inchiesta.
“Sono una vedova in cerca della verità” continua a dire la moglie Antonella Tognazzi e lo ha ripetuto anche ieri a Siena durante la presentazione del libro di Davide Vecchi ‘Il suicidio imperfetto’. “La pubblicazione del decreto di archiviazione da parte della procura di Siena è una mossa che non ho capito perché di fatto sono atti pubblici. Dal momento che l’archiviazione viene depositata chiunque può prenderne visione. Chi legge l’archiviazione si rende conto che di fatto le risposte non ci sono”, ha ribadito. “Non è solo la vicenda di David – ha detto Vecchi – è la vicenda di una banca, di una città, di una comunità. Di chi e come è riuscito a silenziare la tempesta perfetta tra manager infedeli, politici conniventi e massoneria che si è abbattuta su Siena e Mps”. Una vera e propria bomba ad orologeria pronta ad innescarsi ad ogni sussulto.
Ultima, solo in ordine di tempo, l’intervista ‘rubata’ – così sostiene lui minacciando querela – all’ex sindaco di Siena Pierluigi Piccini realizzata da Le Iene. “L’ipotesi del suicidio è una cazzata. David Rossi ha gestito più di 50 milioni di euro in quattro anni, aveva le porte aperte dappertutto” – sostiene Piccini – Un avvocato romano mi ha detto: devi indagare su alcune ville fra l’aretino e il mare e i festini che facevano lì. Perché la Magistratura potrebbe anche avere abbuiato tutto perché scoppia una bomba morale». Parole che hanno avuto l’effetto deflagrante in questa vicenda che, giorno dopo giorno, appare tutt’altro che chiusa. Dal Palazzo di Giustizia di Siena tuona il procuratore della Repubblica, Salvatore Vitello. “E’ assolutamente inaccettabile la sistematica delegittimazione che senza alcuna conoscenza diretta della complessa attività di indagine, tenta di accreditare una propria tesi personale suffragandola con pesantissime accuse ai danni dei magistrati additandoli come partecipi di un oscuro disegno criminoso” facendo sapere che la registrazione della trasmissione è stata inviata alla Procura di Genova, competente per territorio su accuse di rilevanza penale che riguardano i magistrati senesi. La seconda puntata delle Iene [andata in onda domenica 8 ottobre, ndr] finisce così in uno duro e inedito scontro tra la magistratura senese e uno dei protagonisti della vita pubblica senese per circa tre decenni.
Piccini, infatti, è stato assessore al Comune di Siena negli anni ’80, sindaco di Siena negli anni ’90, poi consigliere comunale di opposizione negli anni 2000 e oggi nuovamente candidato per le elezioni amministrative del prossimo anno. Viene da domandarsi perchè una figura così di rilievo nella vita pubblica, che conosceva bene lo stesso David Rossi per essere stato suo portavoce negli anni ’90, non si sia sentito in dovere di andare a riferire ai magistrati certe soffiate che gli erano giunte (“un avvocato romano mi disse”) e abbia atteso oggi per rivelare davanti ad un caffè particolari che gettano un’ombra su una delle vicende più inquietanti della storia recente cittadina, estremamente connesse con la crisi della banca Mps, di cui lo stesso Piccini è stato dipendente e dirigente.
L’archiviazione dell’inchiesta era stata chiesta dalla Procura di Siena a febbraio di quest’anno dopo che la stessa Procura aveva riaperto le indagini nel novembre del 2015 a seguito della richiesta degli stessi legali della famiglia Rossi. Proprio in occasione della riapertura del fascicolo erano stati disposti nuovi accertamenti tra cui una nuova autopsia sui resti di Rossi e una simulazione della caduta del corpo di Rossi. Dalle risultanze delle nuove perizie la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Lo stesso Gip Malavasi aveva comunicato ai legali della famiglia Rossi la richiesta di archiviazione del fascicolo stralciato con l’ipotesi di reato di omissione di soccorso. “Levata probabilità di riconducibilità dell’evento mortale ad un’autonoma cosciente e volontaria spinta autosoppressiva ideata e portata ad esecuzione in assenza di qualsivoglia condotta di istigazione ad opera di terzi” avevano scritto il Procuratore Capo della Repubblica di Siena Salvatore Vitello e il Sostituto Procuratore Fabio Maria Gliozzi nella richiesta di archiviazione della seconda inchiesta sulla morte di Rossi. Nella richiesta depositata l’8 febbraio, dove si fa più volte riferimento alla relazione dei consulenti d’ufficio l’anatomopatologa Cristina Cattaneo e il tenente colonnello del Ris Davide Zavattaro, si precisa inoltre che l’ipotesi di omicidio «non si può escludere in assoluto» ma «tuttavia non ha elementi circostanziali o biologici che la supportino: non vi sono segni chiaramente attribuibili a terze persone» e «non appaiono, viceversa, configurabili condotte di omicidio in suo danno che, all’esito delle verifiche tecniche, non risultano verosimili». I due Magistrati spiegano che, dopo la riapertura del fascicolo sulla morte di Rossi, «si è inteso operare in modo da svolgere tutte le operazioni umanamente e tecnicamente possibili senza tralasciare alcunché, con il pensiero costantemente rivolto al bisogno di rendere una risposta adeguata e razionale alla domanda di giustizia».
Nella richiesta di archiviazione si prende in esame il video della telecamera di sorveglianza presente sul vicolo dove è avvenuta la morte di Rossi e la sospetta presenza di altre persone oltre alle due «già ampiamente individuati nell’originario procedimento che portatisi nell’ufficio del Rossi constatarono affacciandosi alla finestra la presenza di costui riverso al suolo nel vicolo, quindi ivi portandosi mentre richiesto l’intervento del 118». «E’ ben verosimile che, quand’anche qualcuno abbia visto il corpo, si sia astenuto dall’avvicinarsi allo stesso vuoi per disinteresse, ovvero per ignavia» scrivono ancora in merito i Procuratori. Ma proprio da quel video la Procura ha deciso di aprire un fascicolo per l’ipotesi di omissione di soccorso a carico di ignoti, perché il giornalista non morì sul colpo. «Tale scelta appare giustificata alla luce della novità di rilievo scaturito dai successivi approfondimenti sulla probabilità, sia pure relativa, che un intervento di soccorso immediato avrebbe potuto salvare la vita del Rossi» si legge nella richiesta.
Altro elemento preso in esame è lo scambio di mail avvenuto tra Rossi e l’ex Ad di banca Mps Fabrizio Viola che, insieme ad altri colloqui acquisiti agli atti dopo gli interrogatori, rivelano una «disastrosa condizione emotiva e l’assoluto sconforto che, con chiari impulsi suicidi, attanagliarono il Rossi fino al suo ultimo giorno di vita». In merito poi ai tre biglietti rivolti alla moglie e rinvenuti nell’ufficio di Rossi che, secondo il grafologo di parte della famiglia dell’ex capo comunicazione di Mps, sarebbero stati scritti sotto costrizione fisica e psichica, i magistrati scrivono: «è allora da chiedersi se un tale sconvolgimento psicologico ed emotivo non sia più che sufficiente ad integrare quello stato di condizionamento e sofferenza che, seguendo il ragionamento e le considerazioni del consulente, ben potrebbero spiegare le anomali e non fluidità di scrittura che ritiene di aver rilevato nei messaggi di addio alla moglie, messaggi sicuramente redatti dal Rossi di suo pugno ed esplicitamente preannuncianti il suicidio, che avrebbe di lì a poco portato a compimento.
*Da Il Tirreno del 13 ottobre 2017