ROMA – I fazzoletti insanguinati trovati nel cestino dell’ufficio di David Rossi al Monte dei Paschi di Siena nelle ispezioni dopo la sua morte, il 6 marzo 2013 precipitando da una finestra, furono distrutti perché ritenuti un rifiuto.
Lo ha detto uno dei pm delle indagini sulla banca e poi sul decesso di Rossi, il magistrato Aldo Natalini, la cui audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso si è conclusa la notte scorsa.
Secondo ricostruzioni, ricordate dai commissari, il sangue sui fazzoletti di carta potrebbe esser stato di David Rossi ma non è mai stato analizzato a chi appartenesse e la distruzione dei reperti pregiudica questa possibilità. Natalini dispose lui stesso la distruzione dei fazzoletti sporchi di sangue “perché li considerai rifiuto. Quella fu la valutazione che feci in quel momento”, “non diedi ad essi particolare importanza considerandoli un rifiuto”, ha detto, anche perché il consulente medico legale, nel frattempo aveva depositato la sua perizia. Nel frattempo avevamo disposto l’archiviazione che verrà depositata”.
Natalini evidenzia che aver fatto distruggere i reperti con suo decreto senza un passaggio dal gip “è motivo che mi viene contestato nel fascicolo di Genova e il gip di Genova mi censura dicendo che è un decreto ‘errato nella forma’ e ‘prematuro nella sostanza’. Però il gip di Genova dice anche che non sarebbe cambiato nulla perché di lì a poco il fascicolo è stato archiviato e comunque non furono disposte ulteriori indagini”.
La Commissione ha chiesto a Natalini quale sarebbe stata un’attività di indagine che avrebbe potuto scalfire la certezza “granitica” della procura sul suicidio. “Col senno di poi probabilmente questa sui fazzoletti”, ha osservato l’ex pm di Siena che comunque ha anche ricordato che l’inchiesta oltre al suicidio contemplava le ipotesi di “istigazione e induzione” al suicidio ma mai quella di un omicidio. Tesi queste che “le sommarie informazioni, i gesti di Rossi e l’assenza di minacce ci portano ad escludere. Tutti ci davano un quadro di un’ossessione, di una paura continua, di una incapacità di gestire la situazione di crisi in corso e di un’assenza dall’esterno di pressioni che lo indussero a far questo. Tutta una serie di elementi convergenti in quella fase emersi, direi, anche la notte stessa”.
“Al più – ha continuato – ci siamo appunto spinti nell’istigazione e induzione al suicidio ma come scrive poi il gip attraverso la verifica dell’assenza di istigatori si è esclusa indirettamente l’ipotesi omicidiaria e anche il gip dice che era un’ipotesi avulsa da qualsiasi ipotesi concreta”. Inoltre, ricordando il sopralluogo nell’ufficio di Rossi, Natalini ha ribadito: “Entrando nella stanza non percepiamo una scena criminis omicidiaria, la stanza non era a soqquadro, non c’erano segni di violenza, nell’ufficio non c’è alcuna evidenza tale da imporci la prudenza di astenerci dall’entrare” per non alterare eventuali prove scientifiche.