SIENA – Spiagge di corpi abbandonati. Quando Renato Zero l’aveva messa in note, nei mari italiani la situazione era sicuramente migliore.

In particolare quella del Mediterraneo. L’ultima rilevazione, fatta nell’ambito del progetto ‘Common’, che vede la partecipazione dell’università di Siena e di Legambiente, dice che per ogni 100 metri di arenile delle coste toscane ci sono più di 300 rifiuti. Un dato che va ben oltre i 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari di costa: valore soglia fissato dall’Unione Europea per determinare il buono stato ambientale di una spiaggia. Oltre il 95% dei rifiuti rinvenuti è costituito da plastica, per la metà si tratta di oggetti in plastica monouso, mentre un rifiuto su tre è un cotton-fioc. le attività nell’entroterra si confermano la principale fonte inquinante, responsabile per il 35% dei rifiuti totali, seguite dalle attività lungo la costa, con il 20%. Una percentuale non trascurabile di rifiuti, di circa il 5%, è legata alle attività prettamente marittime, quali pesca e acquacoltura.

“Il valore trovato si dimostra in linea con la media di microplastiche rilevate nel Mediterraneo – ha affermato Maria Cristina Fossi, professoressa di Ecologia ed Ecotossicologia all’Università di Siena -. Attualmente nel Mar Mediterraneo è stata stimata una concentrazione media di microplastiche di 0,53 particelle su metro quadrato, un valore che è soggetto ad ampie oscillazioni tra le diverse zone, che vanno dalle 7.6 particelle su metro quadro ritrovate nel bacino levantino alle 0.028 particelle nel settore nordoccidentale”.

Sempre nell’ambito del progetto Common, il gruppo scientifico guidato dalla professoressa Fossi ha analizzato la presenza di particelle plastiche in cinque specie ittiche, acciuga, triglia, boga, sardina e sardinella, isolando 111 microplastiche su un totale di 276 organismi.

“Progetti come COMMON sono fondamentali per tessere e rafforzare legami istituzionali, sia in ambito nazionale che con altri Paesi che si affacciano sullo stesso bacino e che si ritrovano ad affrontare problematiche simili, – ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore di Legambiente. L’Italia fino a oggi ha sempre giocato un ruolo importante e da apripista sulle norme e le azioni per ridurre la dispersione di plastica negli ambienti marini e costieri, così come è leader nella chimica verde e nella produzione di nuovi materiali compostabili. Bisogna anche oggi però attivarsi al più presto per mantenere questo primato per un completo recepimento della Direttiva SUP evitando di ripetere l’errore di prorogare l’adozione di misure così importanti, come fatto per la plastic tax e attivare sempre più iniziative di supporto e informazione per fermare la dispersione di plastica nell’ambiente”.