Una densità di rifiuti che è 4 volte la media nazionale con 211 rifiuti galleggianti ogni km quadrato. E’ l’allarmante fotografia della tratta Marciana Marina – Portoferraio nell’Arcipelago toscano scattata da Goletta Verde. Numeri che rendono questo angolo di Toscana risultata la seconda più densa di rifiuti.

Il progetto “Vele spiegate” Per sensibilizzare i cittadini sul tema del marine litter, monitorare la presenza di rifiuti lungo le coste dell’Arcipelago toscano e chiedere alle istituzioni di mettere in campo politiche di prevenzione e sensibilizzazione, con l’arrivo oggi di Goletta Verde all’Isola d’Elba, Legambiente ha lanciato il progetto “Vele Spiegate”, realizzato con l’associazione Diversamente Marinai. L’iniziativa vedrà oltre 200 volontari, da tutti gli angoli d’Italia, dai 15 ai 99 anni, alternarsi di settimana in settimana fino alla fine di agosto in attività di pulizia delle spiagge e in un monitoraggio scientifico e raccolta dei rifiuti galleggianti, osservazione e censimento dei cetacei e sensibilizzazione dei turisti sulla cultura e protezione del mare. Il progetto è realizzato con il cofinanziamento del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, il patrocinio di Enea, Regione Toscana e Università di Siena e il sostegno dei main partner Acqua dell’Elba e Novamont e dei partner Esa, Esaom Cesa, Moby, Traghetti Lines e Associazione Albergatori Isola d’Elba. In questi giorni i volontari di Legambiente e Diversamente Marinai hanno già avviato le attività di pulizia e monitoraggio. I volontari di Legambiente, con altre associazioni, sono già impegnati anche nelle attività di vigilanza alla spiaggia di Marina di Campo, dove in questi giorni c’è stata la nidificazione di una tartaruga Caretta caretta. Una delle specie a maggior rischio per gli effetti causati dalla presenza di rifiuti in mare e sulle coste.

Zampetti (Legambiente): «Sfida non impossibile» «Ridurre nei prossimi anni il problema della plastica in mare salvando gli oceani, i mari e le spiagge non è una sfida impossibile – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – . Legambiente da anni studia il fenomeno del marine litter con esperienze di monitoraggi scientifici praticata in tutto il paese dai nostri volontari e considerata da più fonti istituzionali internazionali come una delle esperienze più avanzate al mondo della citizen science. Con il progetto Vele Spiegate centinaia di volontari saranno impegnati per tutta l’Estate in un monitoraggio specifico su marine litter, biodiversità e sensibilizzazione ambientale in tutto l’arcipelago toscano, una delle zone più a rischio di tutto il mediterraneo. Purtroppo, la cattiva gestione dei rifiuti a monte e la maladepurazione restano la principale causa del fenomeno».

Gli effetti del marine litter sulle tartarughe  Tra gli animali a rischio ci sono le tartarughe marine. In particolare la Caretta caretta, la specie di tartaruga marina più diffusa nel bacino del Mediterraneo, è inclusa nella lista delle specie in via di estinzione della IUCN. Secondo le stime fatte nel corso degli ultimi anni, nel Mediterraneo ogni anno sono oltre 130 mila le tartarughe marine della specie tartaruga Caretta caretta che rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori professionisti. Circa 70.000 abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40.000 restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23.000 in quelle da posta per un totale di 133.000 catture con oltre 40.000 casi di decesso. (fonte tartalife.ue). Per quanto riguarda gli impatti negativi dei rifiuti marini, per tutte e sette le specie conosciute di tartaruga marina è stata documentata l’ingestione o l’intrappolamento in rifiuti marini, rappresentati da plastica per circa il 90%. Il recente studio guidato dall’Università di Siena e condotto nel Tirreno settentrionale sulla Caretta caretta, documenta l’ingestione di rifiuti di plastica nel 71% degli individui per i quali è stato analizzato il tratto gastro intestinale. In 22 campioni sono stati trovati 483 frammenti di rifiuti marini, con una media di oltre 16 pezzi a campione. Il 92% è plastica e di questi quasi tre quarti sono frammenti sottili che vengono probabilmente scambiati per meduse, di cui le tartarughe si nutrono.