«Nella città che attende giustizia su tutto, il 4 dicembre ci sarà un maxi-processo contro 68 Contradaioli. E il 1 che si fa? Si fanno ugualmente le rituali celebrazioni per Sant’Ansano? Non farebbe bene uno scatto di orgoglio, un segnale di protesta delle Contrade tutte insieme? A tre giorni dal processo ai Contradaioli, far festa per l’Anno Contradaiolo, come se niente fosse, secondo me sarebbe solo segno di ipocrisia».

Parte così, alla carica, Daniele Magrini che commenta la notizia della prima udienza fissata per il prossimo 4 dicembre del processo a carico dei contradaioli di Nicchio, Montone, Onda e Torre accusati di avere partecipato ai cazzotti nel Palio dell’Assunta del 2015. Tanti senesi coinvolti che La Nazione lo definisce vero e proprio “maxi processo”, come fosse fatto di mafia, camorra o ‘ndrangheta.

In questi due anni sono state tante le prese di posizione per spiegare la tradizione e la fisicità del Palio ma la Magistratura di Siena è andata avanti per la sua strada tanto che Simonetta Losi su queste colonne aveva parlato di «rapporto di fiducia rotto – o almeno incrinato – tra istituzioni, Forze dell’Ordine e Contrade».

Ora, subito dopo il Palio arrivano a casa degli imputati gli atti di comparizione per l’udienza fissata (scherzo cinico o casualità?) proprio a ridosso dell’apertura dell’anno contradaiolo. E Daniele Magrini non le manda a dire e chiede come sia possibile che una città che aspetta giustizia su tutto (vado a memoria: Mps, Mens Sana, Robur, disastri in Fondazione, Sansedoni, Università, morte di David Rossi …), si trovi alla sbarra per quello che è sempre stato un comportamento tollerato e per certi versi connaturato alla Corsa: la scazzottata in Piazza tra contrade.

Il Post, in breve tempo, ha riscosso grandi e unanimi consensi e sembra suonare come una Martinella che chiama il popolo a scendere in piazza. Quanti sapranno riconoscerne i rintocchi? L’ora che i senesi si riprendano la Festa e la Città sembra giunta ma ancira aspettano l’ora giusta. Sarà questa? O continueranno ad aspettare un nuovo segnale? E chissà se verrà?

Nelle stesse ore Dario Di Prisco sempre su Facebook interviene sulla faccenda delle magliette stampate da quattro burloni dell’Onda, imbaldanziti per la vittoria, con l’immagine della Torre del Mangia in fiamme. E rispetto al coro più o meno unanime di condanna per la goliardata, pone una questione.

«Pur giudicando sbagliate le famose magliette – scrive -, ne ho le palle piene di questo perbenismo provinciale da tre braccia e una lira. L’espressione vernacolare è linfa vera, stavolta ha fatto cilecca, ma innocentemente, magari con una grande superficialità condizionata dalla reazione biochimica che si scatena (solo a Siena) negli organismi viventi allorché vedono il Cencio entrare nella loro chiesa. Intanto tra una maglietta e un’altra abbiamo visto uno dei più importanti monumenti del mondo messo a serio repentaglio da una gestione inappropriata che magari vorrebbe darci a bere che la Torre del Mangia si è data foco da sola!».

Già, infatti, anche a me è sembrato che abbia suscitato (almeno sui Social) più scalpore uno scherzo innocente che non quelle fiamme che si sono levate alte nella notte dalla Torre, trasformata in cerino di cotto e travertino. Senza che nessuno chiedesse conto al Comune, alla Soprintendenza, ai responsabili della sicurezza, del perché una cosa del genere sia potuta accadere. Ancora una volta ci si è concentrati sul dito che indica senza guardare la luna, questa volta in fiamme.

Saremo mica diventati troppo barbogi e ipocriti da storcere il naso per le strullate e fare spallucce per le cose gravi? Non sarà il caso di riprendere ad urlare qualche schietto «’Ioboia» che, come scrive Curzio Malaparte, è nell’anima popolare, sfrontata, sboccata, allegra e insolente di noi maledetti senesi? O qualcuno vuole toglierci anche quella?

Ah, s’io fosse fuoco (arderei lo mondo non certo la Torre del Mangia)