FIRENZE – È in scena al Laboratorio Teatro Puccini di Firenze, sabato 1 aprile alle ore 21.00, lo spettacolo di Francesco Gerardi e Marta Pettinari “M/T Moby Prince”, con Lorenzo Satta e Alessio Zirulia, per la regia di Federico Orsetti.
Un atto unico che non racconta solo le vicende umane, ma si addentra nelle contraddizioni della fase processuale, nelle tante lacune emerse nella ricostruzione dell’incidente e negli interrogativi aperti dalla recente Commissione Parlamentare d’Inchiesta, i cui risultati hanno smentito clamorosamente le verità acquisite finora e hanno determinato l’Istituzione di una seconda Commissione attualmente al lavoro.
Se oggi andassimo in giro per le strade di una città qualsiasi, una città che non sia Livorno, e chiedessimo alla gente che incontriamo quali siano le stragi impunite avvenute in Italia a partire dal dopoguerra, quattro nomi tornerebbero subito alla memoria di tutti: Piazza Fontana, Bologna, Italicus, Ustica.
Qualcuno forse penserebbe anche al Vajont, ma nessuno, neanche il più attento alla storia contemporanea italiana, nominerebbe il Moby Prince. Se a questo punto domandassimo alle stesse persone che cosa torna loro in mente sentendo questo nome, molti cadrebbero dalle nuvole. Poi, forse, dopo un po’ qualcosa riaffiorerebbe: un traghetto passeggeri diretto in Sardegna, la collisione con una petroliera, la nebbia, l’equipaggio distratto dalla partita in tv, tanti morti e un solo superstite. Tutto qui. Eppure – a trent’anni di distanza dalla più grande sciagura della Marina Civile Italiana – le cause dell’incidente in cui 140 persone persero la vita non sono ancora chiare né un iter processuale durato anni ha rintracciato alcun colpevole.
Il 10 aprile 1991 la collisione tra il traghetto della Navarma e la petroliera Agip Abruzzo nella rada di fronte al porto di Livorno. Oggi, due giovani attori che all’epoca dei fatti non erano ancora nati si alternano sul palco nello spettacolo teatrale che racconta l’incidente dal punto di vista di chi era a bordo del Moby Prince. Per farlo, utilizza l’interazione – visiva e narrativa – tra le due componenti drammaturgiche della messa in scena in cui immagini e parole conducono lo spettatore nell’enorme buco nero che avvolge ogni aspetto della vicenda, disorientandolo fino al punto da chiedersi come tutto questo sia stato possibile.
Attraverso una serie di monologhi incrociati, frutto di un lavoro di ricerca e scrittura durato quasi due anni, a parlare sono vite comuni, ricordi dei testimoni, documenti, sentenze. Le immagini, invece, sono il risultato di drammaturgia visiva, video motion design ed elaborazione di archivio audiovisivo.
Un testo radicalmente rivisto e aggiornato, una scenografia interamente digitale, una nuova regia e due nuovi interpreti riaffermano l’attualità di una delle tante tragedie senza colpe né colpevoli accadute nel nostro Paese e purtroppo rimossa col passare del tempo dalla memoria collettiva. E questo ci sembra ancora un buon motivo per costruire uno spettacolo teatrale che la ricordi.