Il Commissario straordinario Piero Nardi è stato molto chiaro: o presentate una nuova offerta, oppure faranno fede quelle già depositate. Un messaggio diretto ai due gruppi interessati all’acquisizione delle acciaierie Lucchini di Piombino, gli indiani di Jindal e gli algerini di Cevital, che hanno tempo fino alla prossima settimana per rilanciare. Nardi, fresco di proroga al suo mandato per poter seguire la trattativa fino all’ultimo, ha ottenuto qualche giorno in più dal Ministero dello Sviluppo Economico per la presentazione delle offerte e ha scritto ai due gruppi sollecitandoli a fare nuove proposte.
Le offerte a confronto Al momento, sembrerebbe in vantaggio la Cevital, forte di un piano industriale da trecento milioni di euro con la realizzazione nei primi due anni di un forno elettrico (necessario per far riprendere la produzione a ciclo integrale dell’acciaio), a cui poi seguirà un secondo. Gli indiani di Jindal, invece, sono fermi a un’offerta da cento milioni di euro, pronti a rilevare in prima battuta solo i laminatoi, rimandando la costruzione di un nuovo forno a un secondo momento non meglio definito. E sarebbe proprio questo, l’intenzione di far ripartire il ciclo integrato da subito, il punto di forza degli algerini, mal visti però da Federacciai, che nelle ultime settimane è intervenuta contro la proposta Cevital, preoccupata delle ripercussioni che l’investimento nordafricano potrebbe avere sugli stabilimenti siderurgici del nordest italiano. Tant’è che il presidente dell’associazione nonché numero uno del gruppo siderurgico Duferco, Federico Gozzi, ha proposto insieme ad altri imprenditori del settore di realizzare a Piombino un impianto di preridotto, ossia una tecnica di lavorazione che permette di produrre acciaio solo attraverso i minerali di ferro e non la ghisa, quella che da sempre si lavora alla Lucchini. Una proposta che andrebbe ad affiancare l’offerta Jindal, ma che ai sindacati e ai lavoratori non piace affatto. «È solo per dar noia alla Cevital» dicono sicuro dalla Cgil. Contando anche che la proposta di Gozzi non è né vincolante né corredata da un piano industriale: in questa fase, quindi, Nardi non è tenuto (e non vuole) prenderla in considerazione.
Il pacchetto salva Piombino E mentre si consuma il testa a testa tra i due colossi interessati alle acciaierie, a Piombino i lavoratori tirano un sospiro di sollievo. Seguendo l’accordo di programma infatti, è in arrivo un pacchetto d’incentivi per la reindustrializzazione e la riconversione dell’area portuale e del polo siderurgico di Piombino. Parliamo di 50 milioni: 32 di incentivi regionali, 20 di competenza del ministero dello Sviluppo Economico. Soldi di cui potranno beneficiare le aziende ma soprattutto i lavoratori, visto che nella delibera vengono fissati i criteri per le iniziative future da svolgere con l’indotto siderurgico. Sono paletti precisi: il personale da rioccupare sarà costituito dai lavoratori di Lucchini, Arcelor Mittal Piombino e Dalmine rimasti senza lavoro o in cassa integrazione. Per quanto riguarda il porto, la delibera prevede bandi per la ricerca e lo sviluppo, sull’innovazione e fondi rotativi con finanziamenti a tasso zero che aiuteranno a sostenere gli investimenti delle piccole e medie imprese. «Gli interventi per la reindustrializzazione potrebbero realizzarsi in un quadro di maggiore tranquillità viste le prospettive aperte per la Lucchini con i due progetti industriali presentati» dice l’assessore regionale al Lavoro Gianfranco Simoncini. A questi 52 milioni, poi, si aggiungono inoltre i 70 milioni stanziati dal Governo (50 per le bonifiche e 20 per il polo di rottamazione), approvati dal Cipe nella serata di martedì.