AREZZO – Ad Arezzo, capitale italiana dell’oreficeria, una mostra per esplorare i significati dell’oro nell’arte attraverso i secoli.

Sarà ospitata negli spazi della Fraternita dei Laici (via Giorgio Vasari 6) “ORO. Tesoro, Bellezza, Luce, Vita”, personale dell’artista Filippo Rossi a cura di Mons. Timothy Verdon. L’utilizzo dell’oro contraddistingue da oltre 30 anni la ricerca artistica di Rossi, declinato in prospettive sia materiali che estetiche, sia teologiche che cosmiche.

In questo l’artista si rimette ai maestri di cui scrisse Giorgio Vasari, i quali nell’oro vedevano ricchezza materiale e ornamento, ma anche metafora di illuminazione spirituale e pienezza esistenziale. Non a caso l’esposizione – che sarà inaugurata sabato 22 febbraio alle 17.30 – si inserisce nell’ambito di “Arezzo. La città di Vasari”, sistema di celebrazioni per rendere omaggio al maestro aretino nei 450 anni dalla morte, promosso da Comune di Arezzo e Fondazione CR Firenze con Fondazione Guido D’Arezzo, in collaborazione con Direzione regionale Musei nazionali Toscana del Ministero della Cultura, Gallerie degli Uffizi, con la curatela del comitato scientifico presieduto da Carlo Sisi. Ingresso gratuito, info www.vasari450.it

 La mostra

Saranno quattro gli ambienti attraverso cui si articolerà la mostra: “un percorso conoscitivo oltre che emotivo – come lo definisce l’artista stesso – dai secoli descritti dal Vasari fino al presente, mettendo in evidenza i valori che l’oro ha rappresentato”. In ogni spazio le opere di Rossi affrontano l’oro da un punto di vista diverso, in dialogo con grandi capolavori del passato, in riproduzione. Nella prima sala, quella del “Tesoro”, un dettaglio de “La miniera d’oro” di Jacopo Zucchi, discepolo e collaboratore di Vasari, farà da contrappunto a opere scultoree e dipinti di Rossi focalizzati sull’attrattiva fisica dell’oro, patrimonio di pochi che costa la fatica di molti.

Si passa al secondo ambiente, dedicato alla “Bellezza”. La connessione tra oro e avvenenza è un tema antico, già presente nel mito della mela aurea consegnata da Paride a Afrodite, come testimonia il dipinto di Peter Paul Rubens “Giudizio di Paride”. Partendo da questa suggestione Rossi applica una foglia d’oro su materiali diversi – stoffa, juta, polistirene estruso – trasmettendo sensazioni tattili tra il sensuale e il sacro.

Si procede verso la “Luce”: l’oro utilizzato per connotare le stelle o il sole, come fece Gentile da Fabriano nella sua “Fuga in Egitto”, richiama uno dei temi prediletti di Rossi, il Cristo come luce, rappresentato in questa sala da un monumentale “Albero della Vita”, oltre 4 metri di foglia d’oro su tela.

Infine la “Vita”, ultimo passaggio della mostra in cui il “Battesimo di Cristo” di Piero della Francesca offrirà la chiave di lettura a un’altra opera monumentale, una crux aurea che riprende l’immagine pierfrancescana trasfigurando la croce come strumento di morte in strumento di salvezza.