SIENA – Da decenni racconta i fronti di guerra sulla scena mondiale. Inviato di punta del Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi è ospite del secondo appuntamento de I venerdì di Siena in programma venerdì 13 ottobre alle ore 17.30 nella Sala delle Lupe di Palazzo Pubblico.
L’occasione per fare il punto di ciò che sta accadendo sullo scacchiere internazionale, tra la guerra in Ucraina che si protrae da due anni e mezzo, il nuovo conflitto israelo-palestinese e il ruolo degli Stati Uniti.
Lorenzo, cosa si evince da quello che sta succedendo in Israele?
“Le violenze rappresentano un grande smacco per Benjamin Netanyahu. Nei mesi precedenti in Israele c’era una sorta di guerra civile. Una parte del Paese si rifiutava di riconoscere la legittimità del governo, alleato con la destra. Quindi, in maniera cinica, si può dire che questa è l’occasione per il premier di invocare l’unità nazionale. Va rimarcata tuttavia l’incapacità di prevedere e stoppare dall’inizio l’attacco di Hamas. Questo è il fallimento di Netanyahu e spero, avendo vissuto per 23 anni da quelle parti, che paghi con le dimissioni”.
Eppure, resta il mistero di come uno Stato ipermilitarizzato si sia fatto sorprendere in maniera così evidente.
“Israele aveva tutti gli strumenti per bloccare prima l’attacco. Ribadisco hanno fallito i servizi segreti. E’ un governo che non contiene militari di carriera, come avveniva spesso in passato, nonostante Netanyahu sia chiamato ‘mister sicurezza’. Non a caso la radio militare israeliana faceva notare che il premier da mesi non parlava con i vertici dell’esercito e dei servizi”.
Come finirà questa vicenda, almeno nel breve periodo?
“Negli ultimi 20 anni Israele ha già fatto tutto, in quanto ad azioni sul campo. Io credo che Netanyahu non abbia alternative. Quello che è successo è troppo grave. Deve ridare il senso della sicurezza dello Stato. Quindi ha l’obbligo di entrare a Gaza. Israele non può trattare con Hamas. Io mi aspetto una guerra completa. Ciò vorrà dire che tra 15 anni ci rivediamo un’altra generazione di terroristi pronti a morire”.
Crede alle teorie complottistiche che vedono un coinvolgimento dei vertici governativi in modo da rafforzare il loro potere?
“Queste sono sciocchezze per i social, quindi lasciamole perdere”.
Alla fine di questa operazione avremo un quadro geopolitico differente in Medio Oriente?
“Io la vedo ancora un’operazione limitata, uno scontro regionale. Cose vecchie che si ripetono. Sicuramente ci sono le incognite dell’Iran e di Hezbollah. La presenza delle portaerei americane in zona serve da deterrente per queste due attori, ma anche per Israele. Per evitare di creare problemi o attaccare l’Iran. Biden non vuole un attacco su Teheran”.
Alla luce di ciò che sta succedendo in Isreele c’è il rischio che l’Ucraina passi in secondo piano?
“E’ un grosso pericolo. Da europeo la vera minaccia per noi è Putin. L’attenzione deve andare a quel conflitto, anche se c’è uno stallo e stanchezza mediatica. La preoccupazione di Zelensky è questa”.
Ha l’impressione che Biden supporti in tutto e per tutto l’Ucraina, ma non voglia arrivare fino in fondo?
“Biden ha fatto delle scelte sull’Ucraina corrette. Ci ha salvato tutti. Non vuole certo una guerra aperta con la Russia, ha paura di un Putin con le spalle al muro. Ci sta che a un certo punto gli Stati Uniti dimostrino a Zelensky che è impossibile riconquistare tutti i territori occupati dai russi. Quindi, che è opportuno arrivare a una trattativa, con il sostegno della Nato. A meno che non ci siano svolte nei prossimi mesi. Cosa che tuttavia non mi sembra.
Tra guerre, Cina, elezioni presidenziali americane nel 2024. Chi si avvantaggia di questa situazione?
“La Cina ha guadagnato punti dall’invasione maldestra dell’Ucraina. Però nell’intervento degli Stati Uniti al fianco degli ucraini c’è un messaggio di avvertimento a Xi Jinping su Taiwan. Il Medio Oriente ha una dinamica a sé, ma c’è qualcuno che potrebbe avvantaggiarsene, il presidente turco Erdogan. E’ l’unico che potrebbe svolgere il ruolo di mediatore tra Israele e Hamas”.
Rispetto a ciò che succedeva con Trump, Biden ha riportato gli Stati Uniti al centro della scena. Sono essenziali gli Stati Uniti per mantenere stabile il quadro geopolitico?
“L’America da secoli gioca nell’alternanza tra isolazionismo e interventismo. L’amministrazione Biden è molto attiva per nostra fortuna. L’alternativa è Trump, che odia l’Europa, che vuole smantellare la Nato e che avrebbe trattato con Putin. Il rischio rimane. Ecco perché una maggiore autonomia militare e politica dell’Europa sarebbe importante”.
In Italia invece l’attacco a Israele ha suscitato reazioni contrastanti, cosa che non era successa con l’Ucraina. Come mai ogni volta è così?
“Subito diventa una guerra partigiana. Mi ricordo che nella prima intifada, a fine anni 80, c’era il tavolo dei giornalisti filo-israeliani e quello dei filo-palestinesi. In Italia o sei filo-sionista o sei antisemita. Invece, bisognerebbe fermarsi. Quello che è avvenuto, è gravissimo. C’è solo da condannare l’orrore di quello che è stato fatto dai terroristi. Però bisogna capire perché è successo”.