Jackson Pollock sfida Michelangelo e lo fa idealmente con una mostra che Firenze dedica all’artista americano considerato uno dei grandi protagonisti dell’arte del XX secolo. Si chiama “La figura della furia” ed è composta da sedici opere di Pollock che saranno esposte in Palazzo Vecchio dal 16 aprile al 27 luglio.
Da Michelangelo a Pollock inseguendo la furia «E’ la furia della figura creata da Michelangelo che si traspone in Pollock nell’atto di creare un nuovo tessuto di segni che, se disgrega il mondo figurativo tradizionale, assegna una nuova immagine a quella intima potenza e a quella furia nella pittura» spiegano gli organizzatori. La mostra, promossa dal Comune di Firenze con il patrocinio del ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e la collaborazione dell’Opificio delle pietre dure, sarà completata anche da una sezione nel complesso San Firenze per proiezioni e filmati sulla vita dell’artista. La mostra è stata ideata e curata da Sergio Risaliti e Francesca Campana Comparini.
Sei disegni esposti per la prima volta in Italia Oltre a sei disegni, prestati dal Metropolitan Museum di New York e per la prima volta esposti in Italia, sono presenti alcuni dipinti e incisioni di Pollock concessi da musei internazionali e collezioni private: opere ancora giovanili degli anni Trenta, Panel with Four designs (1934-1938, The Pollock Krasner Foundation, New York – per gentile concessione della Washburn Gallery, New York) e Square composition with horse (1937-1938, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), dipinti degli anni Quaranta, The water Bull (1946, Stedelijk Museum, Amsterdam) e Earth Worms (1946, Museum of Art di Tel Aviv) dove il suo stile più personale, nell’ambito dell’espressionismo astratto, si va definendo. Prestigiosi poi gli altri prestiti dalla Pollock Krasner Foundation. Una serie di straordinarie opere grafiche: due del secondo lustro degli anni Quaranta, dove i tratti dello stile di Pollock iniziano a definirsi in modo più maturo nel realizzare figure e segni destrutturanti la stessa composizione che animano, andando talvolta a creare quasi serrate ragnatele di tratti, e dove riferimenti a Michelangelo, in particolare in una delle incisioni con grovigli di segni di figure, sembrano ricondurre a quello di corpi della Battaglia dei centauri del Buonarroti. Altrettanto significative le altre due opere grafiche degli anni Cinquanta in cui, a seguire i più celebri drip painting, torna a farsi urgente la necessità di confronto tra l’azione espressiva e la comunicazione figurativa di volti e anatomie, simili a maschere o sculture frammentate, non più coperte dal diluvio di segni e sgocciolature. Infine, di notevole fascino, il dipinto Composition with Black Pouring della collezione Olnick-Spanu che Jackson Pollock teneva nel proprio studio con particolare affezione. Opera poi appartenuta a Hans Namut, il fotografo che con i suoi reportage del 1949 fece conoscere a tutti il modo di lavorare di Pollock.