Sono oltre 4 milioni le persone in Italia, e di queste circa 1 milione e mezzo di famiglie, che vivono uno stato di povertà assoluta. In termini assoluti 7 italiani su cento non riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per uno standard di vita minimo. In Toscana si stima che ci siano 54.000 famiglie in condizione di povertà assoluta, ovvero il 3,3% del totale. E’ a partire da questa preoccupante cornice generale che si è articolata la discussione del convegno “La povertà in Italia, analisi e proposte” organizzato oggi a Palazzo Strozzi Sacrati da Regione Toscana e Irpet.
La povertà e le famiglie L’ultima indagine Istat sulle spese per le famiglia (dati relativi al 2014) mostra come il fenomeno della povertà assoluta riguardi 1 milione e 470.000 famiglie. Livelli maggiori di povertà assoluta si osservano per le coppie con tre o più figli (16%): l’incidenza sale al 18,6% se in famiglia ci sono almeno tre figli minori e scende nelle famiglie con anziani (4% tra le famiglie con almeno due anziani). L’incidenza della povertà è maggiore fra gli individui che hanno meno di 18 anni (10 per cento) o una età compresa fra i 18 e i 34 anni (8 per cento), mentre scende al 4,5 per cento per gli ultra 65 enni. La povertà per aree geografiche Al Sud l’incidenza della povertà ha valori doppi (8,6%) rispetto al resto del paese (4,8% al centro e 4,2% al Nord). Una parte del Paese assomiglia quindi alla Grecia, e una parte del Paese assomiglia al nord Europa, con il Mezzogiorno che trascina verso l’alto il dato nazionale.
La povertà e il lavoro Naturalmente la povertà è strettamente connessa alla mancanza di un lavoro: ogni 100 famiglie povere, 52 sono quelle in cui nessuno lavora e 39 quelle in cui vi è un unico percettore. La povertà e la crisi Dall’inizio della crisi ad oggi abbiamo circa 530 mila famiglie e 1,9 milioni di individui in più nell’area della povertà assoluta. Ma la crisi è stata generalizzata e ha colpito tutte le famiglie, qualunque fosse la loro posizione nella scala distributiva. «Quella contro la povertà è una battaglia di democrazia, di dignità, di difesa della costituzione, di difesa delle istituzioni democratiche – ha il governatore della Toscana Enrico Rossi a margine del convegno – Noi non possiamo permetterci un Paese che mette 4 milioni e centomila persone in una condizione di povertà assoluta, il che vuol dire che sono persone in difficoltà a garantirsi quei minimi beni di cui c’è bisogno per una vita dignitosa: beni alimentari, beni per il vestiario, beni per il trasporto. La maggior parte fra l’altro sono persone con bambini a carico, in Toscana il conto ci dice che sono circa 54 mila. E’una condizione questa della povertà assoluta che la crisi accentua. Noi siamo favorevoli ad un provvedimento che accontenti qualcuno si e qualcuno no, ma un provvedimento universalistico, magari da attuarsi gradualmente nel tempo. La proposta di alleanza contro la povertà che le regioni hanno sposato prevede addirittura 5 anni per arrivare ad un fondo ai 6-7 miliardi. Si può fare, lo Stato può trovare questi soldi, sia nella lotta all’evasione, sia chiedendo qualcosa a chi ha di piu’, perchè ci sono ancora categorie che nella crisi invece non hanno sofferto, e penso che vivremmo tutti, se facessimo questo, e noi dobbiamo farlo, in una società piu’ giusta, piu’ equa, dove ci troveremo tutti piu’ garantiti, perchè adesso lo scivolare in una condizione di povertà non riguarda piu’ soltanto i settori marginali. Mi capita di trovare persone che avevano un lavoro sicuro, che si sono trovate improvvisamente in mezzo alla strada, imprenditori, lavoratori dipendenti, anche professionisti».
La sociologa: «Dove c’è maggiore povertà anche i servizi educativi sono più scarsi» «Quello della povertà in Italia è un tema trascurato, mai entrato nell’agenda politica, e invece con la crisi si è acuito – ha affermato la sociologa Chiara Saraceno –. La povertà assoluta negli anni della crisi è aumentata di tre volte e più. Un problema consistente che riguarda molti minori, 1 milione su 4, persone dunque segnate dalla carenza di consumi essenziali durante il loro processo di crescita. E purtroppo questo si sovrappone con la povertà educativa, perché dove c’è maggiore povertà anche i servizi educativi sono più scarsi» . Che fare? «Occorre introdurre un reddito minimo di garanzia – ha detto – almeno per i poveri assoluti. La ritengo la proposta più praticabile, e con il precedente governo ne avevamo elaborata una in questo senso: un reddito ragionevole e sostenuto da forti misure di accompagnamento, di orientamento e anche di investimento nel capitale umano. Con l’ultima legge di stabilità qualcosa è stato fatto. Ma molto poco. Le stime più conservative, quelle che tengono basso l’importo necessario per far fronte alla copertura della povertà assoluta, parlano di 7 miliardi all’anno, invece il governo ha messo per ora 800 milioni pensando di arrivare a regime in un anno a circa 1 miliardo e mezzo. Questo significa che resta esclusa una fascia molto ampia di persone, a parte il fatto che gli adulti senza figli sono esclusi dall’aiuto».