Dalle serre della piana di Albenga alle coltivazioni di radicchio rosso di Chioggia, dalle risaie della Lomellina alle ciliegie della Puglia: c’è tutto questo nell’ultimo libro di Giorgio Boatti, che pure non è la solita guida ai buoni prodotti della tavola. E’ qualcosa di più, di diverso, che spazia per le nostre campagne, ma guarda dentro la nostra storia; che ci permette di girovagare per l’Italia intera, ma che sa anche di viaggio interiore.
Il titolo dice già tutto: “Un paese ben coltivato” (Laterza). E che non sia nemmeno un saggio di scienze agrarie ce lo chiarisce definitivamente il sottotitolo: Viaggio nell’Italia che torna alla terra e, forse, a se stessa.
Certo, ormai è specializzato in viaggi che ci restituiscono una visione diversa dell’Italia. Lo aveva fatto con il suo girovagare per i monasteri della penisola, realtà di silenzio e raccoglimento che resistono malgrado tutto. E ora ecco un’altra Italia rispetto a quella che tante volte è stata raccontata in questi anni, l’Italia delle campagne abbandonate, della cementificazione, del cibo da fast-food.
Tra cascine e masserie, c’è un’Italia diversa che non solo sopravvive, ma che forse disegna l’idea di un futuro diverso: soprattutto quando sono i giovani che alla terra ritornano, con aziende che coniugano radici e innovazione.
Quel forse l’ho scritto e per cautela non lo cancello. Tanto un forse anche Boatti lo adopera, perfino nel sottotitolo. Ma val la pena di giocarsela, questa idea di futuro. Val la pena di raccontarla.