In questi giorni nelle sale di tutto il mondo c’è il colossal americano di Paul Anderson “Pompei”. Una ricostruzione della catastrofica eruzione del Vesuvio che distrusse la cittadina vesuviana. Il protagonista del film, un aitante gladiatore, tenta disperatamente di salvare la sua amata mentre la città viene inghiottita dalla lava e dalle ceneri del vulcano. La realtà però, come sempre più spesso capita, supera la fantasia. A leggere le cronache dei giornali è chiaro che ad essere inghiottiti da uno Stato incapace di conservare, gestire e valorizzare i siti archeologici italiani siamo noi cittadini. Il Paese Italia è il regista di un film horror, altro che film hollywoodiani. Vedere l’antica città di Pompei, abbandonata ad un lento ed inesorabile declino, non può che suscitare rabbia e indignazione per l’abilità tutta italiana di distruggere il patrimonio artistico e culturale che il mondo ci invidia. Volendo sognare mi piacerebbero che lo Stato vestisse finalmente i panni del protagonista, che diventasse quel gladiatore impavido e innamorato che rischia anche la vita per salvare la sua amata di nome Italia. Pompei è solo l’esempio più emblematico, la punta dell’iceberg. Pompei come Volterra. Pezzi di storia e di grande bellezza italiana (altro che Sorrentino…) che si sbriciolano nell’indifferenza generale. Negli stessi giorni in cui a Pompei si sono registrati ben 3 crolli a Volterra franava una parte delle mura etrusche. Anche lì c’è stata la corsa al capezzale di ministri da ogni dove e la promessa di soldi per riparare ad un danno ormai irreparabile. E intanto dalle mura etrusche di Volterra a quelle romane di Pompei il nostro patrimonio artistico muore. Muore di una morte lenta, una emorragia inarrestabile tra promesse naufragate, annunci, proclami e una burocrazia lenta e farraginosa. Ogni giorno perdiamo per sempre pezzi di storia. Una storia abbandonata a se stessa o alla mercè di vandali e cantastorie. I ministri si susseguono alla velocità della luce, di volta in volta raccontano quello che faranno, promettono soldi, salvo poi sparire. E così si ricomincia tutto daccapo in un balletto infinito di responsabilità. L’unica certezza è che è sempre colpa di chi c’era prima. Perché poi il problema non sono i soldi. No. Perché quelli ci sono. Per Pompei si è scomodata anche l’Europa con un progetto da 105 milioni di euro. Di quei soldi, per il restauro e la messa in sicurezza degli scavi patrimonio dell’Unesco con 3 milioni di visitatori l’anno, ne sono stati spesi circa 60. Ma sono soldi a scadenza. Se non vengono spesi entro giugno 2015 andranno persi e probabilmente così andrà a finire a meno che qualcuno non andrà da mamma Europa a chiedere una proroga. Li perderemo a causa di leggi inapplicabili e della lentezza nell’assegnazione degli appalti avendo cura di non affidarli ad aziende in odore di camorra. Se perderemo quei soldi il nostro Paese avrà perso un’altra occasione. Intanto ogni giorno perdiamo un pezzo di noi, le mura crollano sotto gli occhi scandalizzati del mondo. Metafora eloquente di un Paese incapace di coccolare, proteggere e tutelare la propria storia.

 

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