PISA – La superficie dell’intelligenza artificiale è appena scalfita. Settori quasi del tutto inesplorati, dove l’applicazione di questa risorsa è solo accennata. Come nel caso dello studio del Dna e delle proteine.
“Più dati hai a disposizione meglio puoi addestrare le intelligenze artificiali”, ha affermato Luca Foschini, impegnato a Converging Skills. “I limiti sono soprattutto culturali – ha aggiunto il Ceo di Sage Bionetworks, la no profit americana che promuove la creazione della più grande piattaforma al mondo di dati open per la medicina del futuro –, perché a differenza del settore delle Computer sciences in ambito biomedico collezionare dati è molto costoso e quindi la loro condivisione causa molti timori, si teme di dover fare troppo lavoro per renderli interpretabili da altre comunità di ricercatori oppure che i propri dati vengano sfruttati da altri in modo più redditizio. Troppo spesso si usa la privacy come scusa per non condividere”.
Limitazioni che di fatto stanno bloccando il potenziale della IA in ambito biomedico, lo sviluppo della ricerca e di nuove terapie. “Stiamo appena all’1% di quel che si potrebbe fare – ha concluso lo scienziato – ma sono ottimista. E’ entusiasmante pensare a quel che si potrà fare avendo più dati a disposizione”.