Sostiene PierLuigi Piccini, ex sindaco Pds di Siena (1990/2001), che «era stato Ceccuzzi a volere per due volte la nomina di Mussari a presidente della Fondazione (2001 e 2005), il suo passaggio a presidente della Banca (2006) e la sua riconferma per un secondo mandato (2009). Dopo averlo tenuto per un decennio al massimo vertice di Montepaschi, Ceccuzzi si è limitato a rispettare le regole del suo partito contrarie ai terzi mandati». In effetti, la ricostruzione dei fatti sostenuta da Piccini è corretta. Compreso il fatto che Giuseppe Mussari dalla presidenza di banca Mps non è stato mandato via da nessuno (come alcuni dirigenti del Pd stanno sostenendo in questi giorni) ma ha concluso regolarmente il suo secondo mandato, presenziando nell’aprile 2012 l’assemblea dei soci che indicò Alessandro Profumo quale suo successore (leggi).

Sostiene Mazzoni della Stella, ex sindaco socialista della città (1983/1990), (leggi) che quello che sta accadendo in Mps «è un regolamento di conti all’interno di una vicenda che è criminale e della quale, però, sono già del tutto evidenti le responsabilità politiche. Una Banca tra le più solide è stata spolpata e rapinata sistematicamente ed usata per alimentare quel potere che è il solito che poi decide sugli assetti dei vertici bancari».

Sostiene Paolo Mazzini, deputato generale della Fondazione Mps, ai microfoni del Tg1 che in Fondazione qualche sospetto sulla gestione della banca c'era (vedi). «Avevamo alcuni dubbi al momento in cui l’aumento di capitale che fu chiamato nel 2011 ci era stato negato fino a pochi giorni prima. E ci colse di sorpresa facendoci ritenere che la gestione della banca  avesse dei problemi che non conoscevamo. Mi sembra piuttosto oggettivo che la Banca sia stata gestita in maniera sconsiderata». Poi ai taccuini del Qn ricorda che «nel programma elettorale di Ceccuzzi nel 2011 c'era scritto che la Fondazione doveva mantenersi sopra il 51%». Parole gravi e pesanti che gettano ombre. Soprattutto perchè dimostrano una volta per tutte che la Fondazione fu al «traino»della banca (e non viceversa) e che prendeva input dalla politica. Vaso di coccio tra vasi di ferro.

Sostiene Massimo D'Alema che «il Pd con il Mps non c’entra», ma poi decide che c’entra ed interviene a difesa di Franco Ceccuzzi (leggi). «Gli amministratori di Siena nominano le loro rappresentanze nella Fondazione e può darsi che nel passato abbiano scelto persone sbagliate, ma come amministratori sensibili li hanno anche cambiati. Questa vicenda nasce dal fatto che gli amministratori della banca hanno portato alla magistratura le carte per fare chiarezza, quindi se si parla di colpe pregresse si deve parlare anche dei meriti degli attuali amministratori. La politica senese – ha concluso D'Alema – ha promosso il rinnovamento di Mps, il sindaco di Siena si è giocato il posto e si è dimesso, ed è il candidato del Pd». Si dimentica però D’Alema che gli amministratori “sensibili” che prima hanno nominato e poi tentato di rinnovare sono sempre gli stessi.

Sostiene Ceccuzzi, ex sindaco Pd di Siena (2011/12) e attuale canddiato del Pd, di avere «appreso dell'acquisto di Antonveneta dalle agenzie». Poi, che «la decisione della Fondazione nel 2008 di non diluirsi ha provocato un indebolimento del patrimonio. Sarebbe stato possibile scendere sotto il 50% mantenendo il controllo ma senza arrivare a quell'indebitamento» (Asca del 24 gennaio) . Strano che anche nel 2011, in aprile, vi sia stato un aumento di capitale della Banca con relativo indebitamento della Fondazione (1 mld di euro). E all’epoca il candidato Ceccuzzi sosteneva che mai la Fondazione avrebbe dovuto scendere sotto il 51%. Oggi sostiene il suo esatto contrario.

Libero sostiene che Turchi è un uomo di D'Alema. A proposito di discontinuità, oggi Claudio Antonelli su Libero ricorda che lo stesso sindaco Ceccuzzi ha voluto nel 2012 Marco Turchi alla vicepresidenza della banca (leggi), dopo che lo stesso Turchi era stato sindaco revisore nel precedente triennio con Mussari. E qui la discontinuità tanto vantata da Ceccuzzi, francamente, ne riusciamo a vedere ben poca. Anche perché viene ricordata la vicinanza politica di lunga data di Turchi proprio con D’Alema.

Alla luce di tutte queste dichiarazioni sostenere che il Pd con la banca non c’entri nulla comincia a diventare di un’insostenibile e incredibile leggerezza.

Ah, s'io fosse fuoco