Vi sarà ormai chiaro che quanti collaborano a questa pagina domenicale amano molto i libri. Un po’ bibliofili un po’ bibliomani (tra le due patologie esistono sottili differenze di diagnosi e terapia) ci piace discorrere di tale oggetto di culto per il quale saremmo disposti a tutto. In ragione di ciò arriviamo perfettamente a capire (magari non a giustificare) certi nostri antenati e “correligionari” quale ad esempio il matematico fiorentino conte Guglielmo Libri Carucci dalla Sommaja (beffarda sorte legata a un nome) appassionato bibliofilo, ma soprattutto incredibile ladro di libri.
E quale commozione continua a suscitare in noi il tragediografo Euripide (siamo 400 anni prima della nascita di Cristo) che si era attrezzato la sua nutrita biblioteca dentro una grotta dove non solo leggeva e componeva, ma più semplicemente andava a contemplare i propri volumi.
Così come trova tutta la nostra comprensione Francesco Petrarca, non per la sua (irrisolta?) libidine nei confronti di donna Laura, ma per quell’altra pulsione (forse ancora più mordace) verso i libri, che, se pur sbrigliata, non lo saziava mai. Fino a fargli dire che nonostante li possedesse più del necessario era inevitabile non cercarne altri, poiché “la fortuna nel cercarli e’ sprone a una maggiore avidità nel possederne”.
Intenderete, allora, quanto male ci fece vedere l’ultimo film di Ermanno Olmi, in cui un professorino di Filosofia, con barba e capelli simil-Nazzareno, prese a inchiavardare sul pavimento un gran-ben-di-Dio (come chiamarlo diversamente!) di codici miniati e libri sacri con certe anime di chiodi (cento per la precisione) uguali a quelli che avevano straziato Cristo sulla croce (sovvertimento di doppio significato, sembrò di arguire seguendo la vicenda cinematografica). Se, però, potevamo trovarci d’accordo con il messaggio di fondo del non effimero regista – che cioè non sia possibile amare i libri più degli uomini – parve subito di poter dire a zio Ermanno (Maestro ci scusi per la confidenza) che la sapienza delle parole scritte non nuoce di per sé all’amore, anzi, volendo, potrebbe anche offrirgli un aiutino.
Suvvia, perfino Iddio è un bibliofilo (e beato lui che in casa non ha problemi di… spazio), tanto che se qualcuna delle sue creature gli si rivolge per chiedere notizie della propria esistenza, egli altro non fa che spalancare un grande libro, perché, a suo dire, lì sta già scritta la storia del mondo e di ciascuno. Figuratevi che secondo Mallarmé il mondo esiste, giusto per legittimare quelle pagine: che non a caso si chiamano biblìa.