Coloro che amano i libri vanno a cercarli in qualsiasi parte del mondo. Da questo punto di vista i bibliofili non soffrono di jet lag. Sbarcano vispi ovunque e si incamminano verso quelle librerie che loro sanno, laddove il profumo di carta stampata è assai più di una fragranza: trattasi, infatti, di uno status symbol. Prendiamo ad esempio la parigina Shakespeare & Co, nel Quartiere Latino: piccola, polverosa e assiepata di libri, vi aleggiano ancora i fantasmi dei poeti beat americani che negli anni ’60 ebbero a frequentarla. O per restare in tema viene in mente la City Lights di San Francisco, in cui nacque proprio la beat generation con Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouac e Allen Gisberg. Oppure l’immenso Strand Book Store di New York (18 miglia di scaffali in un edificio sorto nel 1928), vera mecca del libro usato, antico, raro, fuori stampa. Ma quanto a dimensioni (occupa un intero isolato di Portland), è Powell’s a vantare di essere la più grande libreria degli States. Per dare poi un vero sguardo british sul mondo è fondamentale, a Londra, varcare la soglia di The Travel Bookshop. Così come rappresenta un’immersione nell’universo culturale portoghese la Livraria Lello di Porto con il suo arredamento in stile neogotico, lo spettacolare ponte di legno (un ricamo sospeso) che collega uno scaffale all’altro.
In termini di storia e di fascino non sono comunque da meno certe antiche librerie italiane a Firenze, Roma, Milano, Torino. Una su tutte la triestina Libreria Antiquaria Umberto Saba sui cui scaffali d’epoca è possibile trovare le Poesie del grande poeta pubblicate nel 1911 o la prima edizione del Canzoniere stampata nel 1921. Racconta Saba che passando un giorno da via San Nicolò, avesse sbirciato oltre la porta l’allora gestore della libreria, commentando fra sé come fosse triste trascorrere una vita intera in quel buio antro. Il destino – o per meglio dire, la necessità – volle che, nel 1919, la libreria antiquaria venisse rilevata dallo stesso Saba. Il letterato-libraio ebbe a scrivere in seguito: “Mi piacerebbe, adesso che sono vecchio, dipingere con tranquilla innocenza il mondo meraviglioso. E, fra le altre cose, la mia oscura bottega di via San Nicolò 30 a Trieste; quella che, quando l’amava e passava volentieri fra le sue pareti le sue ore d’ozio, il mio amico Nello Stock chiamava, non senza qualche buona ragione, ‘la bottega dei miracoli’”.
Potremmo benissimo universalizzare quella ‘buona ragione’ per giungere alla conclusione che qualsiasi libreria contiene in sé lo stupore del mondo, il miracolo della conoscenza.