Sarebbe un errore continuare ad ignorare, come è stato fatto in passato, la marcia dei residenti di Venezia che il 2 luglio scorso hanno protestato contro la gestione (o non-gestione) del centro storico della loro città dietro gli striscioni “Mi non vado via” e “Venezia è il mio futuro”, per porre all’attenzione dei propri amministratori i problemi che conosciamo e che sono ormai comuni a tutte le città d’arte: i prezzi altissimi delle case che costringono a spostarsi nei comuni limitrofi, la mancanza di negozi di vicinato sostituiti da botteghe di paccottiglia italiane o “etniche”, la presenza a livelli considerai asfissianti e non più tollerabili di turisti ed escursionisti.
E sarebbe un altro errore non tenere conto del fatto che il Club Unesco di Siena ha rilanciato un articolo dedicato alla marcia di Venezia sulla propria pagina Facebook, per sottolineare come il fatto di essere appunto inseriti nella lista del patrimonio dell’umanità dovrebbe “costringere” sindaci ed assessori ad una gestione differente dei siti affidati alla loro tutela, senza subire passivamente i flussi turistici e le conseguenze economiche e sociali che ne derivano.
E sarebbe, infine, un errore non meno grave quello di voltarsi dall’altra parte per meri motivi di consenso elettorale, perché sappiamo tutti benissimo che i politici locali conoscono molto bene le rendite economiche e gli interessi sostanziosi che si nascondono dietro questi fenomeni e preferiscono stare fermi per non rischiare di perdere i voti dei loro cittadini che fanno soldi – non sempre denunciati correttamente al fisco – grazie ad affitti altissimi, appartamenti (se non veri e propri garage e fondaci) trasformati in bed&breakfast, pizzerie al taglio, kebab e mercatini dove si trova di tutto, ma rigorosamente e dichiaratamente taroccato.
Come sempre avviene, e non solo in Italia, si interverrà solo quando ci sarà un “fattaccio”, ovvero la protesta civile ma inascoltata, si trasformerà in qualcosa di più grave e speriamo davvero che non ci scappi il morto.
Bisognerebbe invece che proprio le città che sono siti Unesco cominciassero a dare il buon esempio, magari con provvedimenti sperimentali, da valutare a mente libera nella loro efficacia, e sui quali misurare la capacità di governo: che è fatta di provvedimenti amministrativi, controlli, sanzioni per chi non rispetta le norme, ma anche di visione della città, in cui coinvolgere residenti, turisti e coloro che appunto traggono interesse economico diretto, come i proprietari di case, di negozi, i gestori di strutture ricettive e pubblici esercizi, per farli sentire parte attiva di un progetto regolato, dal quale possono anche perdere qualche guadagno.