Siete pronti a ricevere email, leggere post facebook, dichiarazioni stampa, tweet. Ma anche, e perchè no, messaggi da piccioni viaggiatori, segnali di fumo, in cui vi racconteranno che le fusioni dei Comuni, d’ora in poi, in Toscana saranno volontarie?
Segnatevelo, accadrà tra domani e dopodomani, tra i giorni del 5 e del 6 aprile. Se, invece, state leggendo questo articolo dopo queste date, verificate a posteriori l’accaduto, e sappiate che se ciò alla fine non è successo, in questo momento sto festeggiando, essendo la mia speranza quella di essere smentito nella previsione su tutta la linea.
La previsione è che l’evento scatenante l’ondata propagandistica sarà il voto su una risoluzione da parte del Consiglio regionale della Toscana per sancire la possibile obbligatorietà delle fusioni. Già, ho detto proprio obbligatorietà. No, non ho fatto confusione, né si tratta di un refuso. Salvo ripensamenti dell’ultima ora (che nel caso accoglierò con canti di giubilo) la maggioranza farà approvare una risoluzione con la quale si impegna a fare una cosa (le fusioni obbligatorie), per poi inventarsi, e spacciare ai quattro venti, di essersi invece impegnata a fare esattamente la cosa opposta (le fusioni volontarie).
Una specie di “no-look” alla Ronaldinho: controlli la palla, giri la testa da una parte, volgi lo sguardo convinto in quella direzione, attiri l’attenzione dei difensori verso quel punto, e poi con un tocco morbido lanci un compagno esattamente dalla parte opposta senza guardare, e tutti spiazzati.
Per capire cosa accadrà basta rispondere a questa elementare domanda: se si indice un referendum chiedendo agli abitanti di un Comune se vogliono o meno fondersi con l’altro, e la maggioranza dice “no” ma la fusione si fa lo stesso, quella fusione è volontaria od obbligatoria? Il 99,99% per cento delle persone risponde “obbligatoria”; se tu appartieni al restante 0,01% che risponde “volontaria”, allora vuol dire che sei un consigliere regionale toscano. Con la risoluzione si cercherà di dimostrare che in qualche modo le fusioni diventano volontarie anche se in un Comune vincono i no.
Il modo per trasformare i “no” in “sì” è sempre lo stesso, quella roba tipo Cutigliano-Abetone insomma (la legge di fusione approvata nonostante il no maggioritario dei cittadini di Abetone). La risoluzione, stando alle slides a mo’ di lavagna presentate dal gruppo Pd in Regione (quelle del tipo “voi fate la terza elementare, e siete anche un po’ somari, e noi invece guarda che po’ po’ di menti siamo”), afferma, infatti, che le fusioni si faranno anche nel caso in cui, contando tutti i voti dei comuni interessati, i sì superino i 2/3 dei voti espressi, pur in presenza di no vincenti in singoli comuni.
Meccanismo che, come abbiamo ripetuto in mille occasioni (Schicchera del 21 gennaio 2016), può diventare roba paradossale nel caso di rapporti molto squilibrati tra il numero degli abitanti dei due Comuni interessati, o nel caso in cui un Comune contrario alla fusione se ne trovi di fronte più di uno favorevole. Gli abitanti di un Comune finiscono per decidere sulle sorti di un altro comune, i cui abitanti invece possono risultare praticamente ininfluenti nella decisione.
Speriamo che il Sindaco di Firenze Nardella, che già ha proposto la Grande Firenze, nel “risiko” delle fusioni non peschi anche la carta “conquista la Toscana”, perché con questo meccanismo un po’ alla volta può costruire il “comune unico granducale”, annettendo per loro “volontà” tutti altri 278 comuni toscani.
Però la risoluzione dice anche che i consiglieri regionali “terranno conto” della natura dei voti espressi dai consigli comunali nel caso di fusioni di iniziativa consiliare (si badi bene dunque che intanto si coglie l’occasione per annunciare fusioni avviate d’ufficio dalla Regione), o del fatto che i no in un comune raggiungano il 75%. E qui le consultazioni dei Consigli Comunali e dei cittadini diventano una specie di provino, con quel “tenere conto” che suona come un “grazie, le faremo sapere”. Ma cosa vuol dire? Che fanno la fusione lo stesso ma ti inviano a casa una lettera di scuse? Oppure che ti cancellano il Comune, ma con i volti contriti dal dispiacere?
Una cosa positiva nella risoluzione c’è, ovvero che ci si impegna a rivedere le modalità per la presentazione delle leggi di iniziativa popolare per le fusioni. Il fatto che un cittadino su dieci di un Comune possa oggi decidere per conto di tutti gli altri, come esito finale di una serie di meccanismi di cui lo smentire gli esiti referendari è il fulcro (Schicchera del 7 marzo 2016), deve essere parso troppo anche ai consiglieri regionali toscani, nonostante loro colleghi lo abbiano deciso appena un anno fa, modificando lo Statuto regionale. Ovviamente la risoluzione, tanto precisa nei numeri dove aggrada, in questo caso di numeri non ne fornisce proprio.
Insomma giri di parole, strani quorum, arzigogoli vari, ma non si dice ciò che non solo un normale principio democratico suggerirebbe, ma anche il buon senso farebbe apparire scontato: se chiedi ai cittadini, mediante referendum, se vogliono cancellare il loro Comune e fonderlo con un altro, e loro ti rispondono in maggioranza “no”, tu non lo fondi e basta quel Comune, se ritieni che le fusioni debbano essere volontarie. Tutto qui.
Se lo fai lo stesso, la fusione è obbligatoria, non ci sono quorum, slide e cose di cui tenere conto dietro cui nascondersi. Roba da Italia semplice no?