ROMA – Una situazione di incertezza quella in cui si trova, da quasi due anni, il sistema dei trasporti ferroviari in Italia, aggravata dalle limitazioni imposte dalla pandemia del Covid-19 con disagi dovuti al sovraffollamento dei treni e ai tagli al servizio per la malattia del personale.
Ma anche un anno in cui si è tornato a parlare di investimenti e riforme, grazie alla visione di Next Generation EU e alle ingenti risorse previste dal Recovery Plan – approvato dal governo Draghi – per le infrastrutture ferroviarie e il sistema della mobilità, da realizzare entro il 2026. In generale, nel 2021, i passeggeri in circolazione si sono ridotti su tutti i treni, dell’alta velocità e Intercity (- 40%), a quelli regionali (- 45%). Tanti i disagi che hanno vissuto i pendolari e gli studenti, per autobus e treni sovraffollati.
Segnale positivo è il rinnovo del parco dei treni circolanti: nel 2021 sono arrivati 105 nuovi treni che si aggiungono ai 757 già immessi sulla rete ferroviaria. Sono poi 46 le buone pratiche in tutta Italia segnalate nel rapporto, che raccontano la voglia degli italiani di lasciare a casa l’auto.
E’ la fotografia scattata dal rapporto Pendolaria di Legambiente nell’ambito della campagna itinerante Clean Cities, che farà tappa in 17 capoluoghi italiani (e a Firenze il 13 e 14 febbraio prossimi.
La missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” del Pnrr, prevede 26 miliardi di euro per il trasporto ferroviario, con interventi da realizzare entro il 2026. Complessivamente sono in cantiere o finanziati 797 chilometri di nuove linee ad alta velocità, interventi di potenziamento di collegamenti trasversali, senza dimenticare l’elettrificazione della rete e l’installazione di sistemi di controllo della sicurezza su 1.635 km di rete, che porterà la percentuale di elettrificazione in Italia dal 69,5 al 77,8%. Per lo “Sviluppo di sistemi di trasporto rapido di massa” nelle aree urbane, tra PNRR e risorse statali, sono in cantiere o finanziati 116,5 chilometri di metro tra nuove e riconversioni (a Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli, Catania), 235,7 di tranvie (a Milano, Bergamo, Brescia, Padova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Cagliari e Sassari), 102,9 di filobus e busvie (tra quelle finanziate al 100%). Inoltre, sono previste risorse per le linee regionali, per il rinnovo dei treni Intercity e per l’acquisto di treni ad idrogeno, anche se non vi è alcuna garanzia che sia utilizzato idrogeno prodotto da fonti rinnovabili e il rischio di rappresentare uno spreco di risorse pubbliche è molto alto.
La situazione in Toscana
Le linee ferroviarie, cosiddette minori – una delle tante criticità ma anche opportunità in Toscana segnalate dal rapporto – possono dare slancio ad interi territori con opportunità per pendolari e turisti. Un esempio è la linea ferroviaria Cecina-Saline-Volterra, chiusa nel 2011, riaperta nel dicembre 2013 e sospesa nuovamente nel 2020. Un’analisi svolta dalle Università di Firenze, Pisa e Siena, in particolare sul tratto cremagliera Saline-Volterra, ha considerato il potenziale di questa linea con la realizzazione di una nuova stazione a Volterra. In questo modo la linea sarebbe prolungata di 7 km ed il tempo di viaggio dimezzato rispetto ad oggi, collegando Saline con la stazione (nuova) di Volterra in meno di 13 minuti con un bacino di utenza tra 450 e 830 mila passeggeri all’anno, considerando i turisti come principale utenza. L’opera sarebbe fruibile dall’utenza locale, con particolare riferimento agli utenti dell’ospedale, oltre agli altri lavoratori e studenti che frequentano l’abitato.
Le conseguenze del Covid continuano a pesare sul trasporto pubblico. Specie sui treni. Stando al rapporto di Legambiente, nel 2021 Frecce e Intercity hanno registrato un calo di frequentazione del -40%, che passa al -45% sui convogli regionali. Dall’8 marzo 2020 spostarsi è diventato e resta difficile. Il Rapporto 2022 si concentra, tra le altre cose, sugli investimenti previsti dal Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) a favore dell’Italia che si muove. Potrebbero rappresentare la vera svolta per ridisegnare in chiave sostenibile gli spostamenti dentro e fuori dallo Stivale.
«La situazione toscana è al solito mediana, rispetto al ritardo atavico di cui soffre storicamente il nostro Mezzogiorno ma anche distante dalle eccellenze registrate dalle Province Autonome di Trento e Bolzano e dalle ferrovie lombarde, ci collochiamo in zona UEFA, per usare una metafora calcistica – ha commentato il presidente di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza. – E mentre plaudiamo al raddoppio della Lucca-Pistoia e all’importante raddoppio ed elettrificazione della Empoli-Siena, attendiamo con trepidazione l’estensione di oltre 27 km della rete tramviaria nell’area metropolitana fiorentina. Una misura trasportistica che, da sola, è stata capace di migliorare nettamente le pressioni sulla matrice aria nel nostro capoluogo regionale. Altre considerazioni. Tante linee ferroviarie, cosiddette minori, potrebbero dare slancio ad alcune nostre aree interne. Infine, vista l’annunciata apertura di due tratte a idrogeno, sulla Lucca-Aulla e sulla Faentina, andrebbe aperta una riflessione seria sulla scelta di questo vettore per il trasporto ferroviario in Italia. Perché i costi sono rilevantissimi e non c’è alcuna rassicurazione ad oggi che verrà utilizzato idrogeno prodotto da fonti rinnovabili (idrogeno verde) con tutti i vantaggi ambientali del caso, che da sempre peroriamo per la mobilità sostenibile della nostra regione”.
Legambiente ha infine presentato la road map dei progetti da realizzare entro il 2030, con le priorità per realizzare un cambiamento profondo della mobilità e consentire il raggiungimento dei target europei di riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti al 2030 e di decarbonizzazione al 2050, e per colmare ritardi e disuguaglianze territoriali. In un settore che è l’unico che non ha visto riduzioni delle emissioni di CO2 dal 1990 e che è responsabile per oltre il 26% di quelle italiane.
Redigere un vero e proprio piano di cura del ferro, per recuperare il gap di metropolitane e tram nelle città, con una legge che permetta ai comuni di programmare e accedere rapidamente ai finanziamenti necessari. La mappa degli interventi per la mobilità sostenibile urbana fissa le scelte che permetterebbero di realizzare un vero e proprio salto di qualità e di raggiungere, in uno scenario al 2030, 411,5 km di metro (con un + 162,6 rispetto alla situazione attuale) e 798,3 km di tranvie (+ 427,4 km rispetto allo status quo).
Aumentare i treni, i tram e gli autobus in circolazione nelle città, rispondendo al problema dell’affollamento dei convogli e della bassa frequenza rispetto alla domanda esistente e futura, aumentando la dotazione del Fondo Nazionale Trasporti. Altra priorità è rappresentata da un nuovo contratto Intercity per ridurre le disuguaglianze territoriali: servizio fondamentale di collegamento tra le diverse aree del Paese, che in questi anni ha subito una riduzione del 16,25% rispetto al 2010 e per il quale servono 200 milioni di euro l’anno per avere più treni in circolazione al sud e nelle aree fuori dall’alta velocità. Infine, occorre continuare il processo di rinnovo del parco treni circolante: per farlo presto e bene, occorre programmare l’acquisto o rinnovo di 650 treni (su base nazionale) per le linee regionali e locali. La transizione ecologica è una grande opportunità per creare lavoro in Italia nelle fabbriche di mezzi a emissioni zero, nei cantieri della mobilità sostenibile, nel trasporto pubblico e nella sharing mobility.