Una platea gremita ha atteso Andrea Scanzi e Giulio Casale, partecipando alla narrazione fino all’ultimo momento, pronta a ritrovare le canzoni della propria giovinezza e dei propri amori. Tre voci per restituire tutta l’originale umanità di De André, quelle di Scanzi, Casale e ovviamente l’inconfondibile voce di Faber che rivive nel suggestivo montaggio con filmati originali, estratti audio, foto rare ed alcune esecuzioni dal vivo in acustico e su base. Al Passioni Festival di Arezzo è stata una notte di magia con Andrea Scanzi che ha riportato tutto il pubblico presente all’Arena Eden su La cattive strade con il potere evocativo della poesia del cantautore genovese. De André poeta e de André uomo si intersecano nelle interpretazioni del cantautore Giulio Casale, capace di fare proprio, nel segno del rispetto, il repertorio di Fabrizio. Da Geordie alle canzoni di Brassens, dal Suonatore Jones alla Canzone del maggio, da Se ti tagliassero a pezzetti ad Anime salve. Pochi grandi successi e tanti pezzi meno noti per raccontare l’uomo prima del mito.
Poeta o cretino Una lezione-teatro che si apre col primo dilemma di Fabrizio: «dopo i diciotto anni chi scrive poesie o è un vero poeta o un vero cretino, io sarò poeta o cretino?». La risposta non tarda ad arrivare, «meglio cantautore…». E via i primi album e la formazione giovanile con Brassens, Villon e l’amicizia con Luigi Tenco, che Fabrizio ammira per il modo in cui sa trattare quei temi di rivoluzione anche a lui cari. Il primo live è una personalissima versione di Geordie che mostra De André secondo Giulio Casale: il protagonista dell’artigianato musicale degli ultimi trent’anni. Il viaggio parte negli anni ’60 con Ballate di amori ciechi, il racconto degli sconfitti, il primo album concettuale sulla morte e i biancospini di Fabrizio, gli stessi di Pascoli e Proust.
Suonare ti tocca Il ’68 vede uscire un concept album dove la pietas di Fabrizio attraversa ancora il tema della morte che “fa da setaccio tra le cose inutili e ciò per cui valla pena vivere”, narra Scanzi. Toccanti i live di Tutti morimmo a stento e di Spoon River (Non al denaro, non all’amore né al cielo). Trascinati dall’anima rock di Casale ascoltiamo una versione ricca di pathos del Suonatore Jones, quasi un ritratto autobiografico di Casale stesso «E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare». È il ’70 quando esce la buona novella e in molti contestano il disimpegno di Fabrizio, senza accorgersi che il brano è in realtà il «racconto della versione umanizzata del più grande anarchico e rivoluzionario di sempre: Gesù».
Un viaggio con gli amici di sempre Scanzi racconta appassionatamente e senza enfasi la carriera e la vita privata del cantautore genovese: la paura delle esibizioni dal vivo e l’alcol per farsi coraggio, le sue unioni sentimentali, le collaborazioni e sperimentazioni negli anni Settanta e oltre e i compagni di viaggio di Fabrizio, i grandi che lo hanno aiutato per tutta la vita nel comporre e superare la sua ” balbuzie musicale”: De Gregori, la PFM, Nicola Piovani, Massimo Bubola, Mauro Pagani, Ivano Fossati e molti altri. Le parole di Scanzi lasciano spazio alla profonda voce di Casale che regala versioni indimenticabili di Canzone del maggio, Verranno a chiederti del nostro amore, Fiume Sand Creek, Se ti tagliassero a pezzetti, mentre Sidun ci giunge dalla voce viva di De André.
La ricerca della nuova lingua Gli anni Ottanta e Novanta segnano una rivoluzione definitiva nel linguaggio e nell’impasto musicale di Fabrizio. Alla ricerca di una lingua nuova, «un esperanto universale-dice Scanzi-che abbracci tutto il bacino del Mediterraneo», riscopre il genovese (ma anche il sardo e il napoletano) e le sonorità etniche. Sono gli anni che vanno da Crêuza de mä ad Anime salve, album scrigno della summa del pensiero di Fabrizio De André, «il suo testamento», Smisurata preghiera, che è un atto d’amore per le minoranze, «per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione». Il racconto di Faber, artista capace di indignarsi, «scudo, anticorpo contro il potere al servizio della società» chiude la serata, in un crescendo emotivo con l’arte di Giulio Casale che riscuote grande successo. Scanzi saluta emozionato la propria città e scherza col pubblico, ringraziandolo di «aver preferito Andrea Scanzi e Giulio Casale alla prima partita dei Mondiali. Non me lo aspettavo, sono commosso». Le ultime note sono della chitarra di Casale che con Il Gorilla fa cantare e sorridere tutto il pubblico, unito questa notte nel ricordo di Faber.