È cominciato questa mattina il presidio unitario di Cgil, Cisl e Uil, davanti alla raffineria Eni di Stagno, a Livorno. Circa trecento lavoratori, sia diretti che delle ditte appaltatrici, dopo aver aderito ad uno sciopero di 8 ore, si sono radunati di fronte ai cancelli dello stabilimento, rallentando il traffico attraversando a piedi l’Aurelia, per dire no alla paventata chiusura dello stabilimento. «Il nostro obiettivo è quello del mantenimento del sito produttivo a Livorno – ha detto Fabrizio Musto segretario provinciale Filctem Cgil -. Siamo nettamente contrari alla vendita della raffineria. Va mantenuta perchè è un sito produttivo che ha tutte le caratteristiche per continuare a produrre e impiegare i 1200 lavoratori che impiega. Diciamo no anche all’ipotesi di trasformazione in polo logistico di stoccaggio. Questa è la nostra posizione che porteremo a Roma il 23 al tavolo con il Governo».
La marcia verso il Comune «Non è licenziando la gente che si creano posti di lavoro, ci vogliono investimenti pubblici e politica industriale»: è lo slogan scandito da Luciano Gabrielli, della Cgil provinciale, durante la manifestazione dei metalmeccanici, indetta da Fim Fiom e Uilm oggi a Livorno, con corteo per le vie del centro fino al Comune e sciopero di quattro ore in provincia, per evidenziare i gravi problemi di carattere occupazionale del territorio e per protestare sul Jobs act, in particolare sul demansionamento e sull’articolo 18. «Il provvedimento del Governo non crea nessun posto di lavoro – ha aggiunto Gabrielli – occorrono investimenti in infrastrutture e innovazione tecnologica, basta con le politiche di austerità dell’Europa, bisogna investire per salvaguardare il lavoro e dare piu’ soldi in tasca ai lavoratori e a pensionati». «Proprio in questo momento in cui si perdono 1000 posti di lavoro al giorno – ha detto anche Vincenzo Renda, segretario provinciale Uilm, in mezzo al corteo – invece di mettere in campo soluzioni per arginare questo dramma si pensa a modificare tutele e ammortizzatori mentre sarebbe il caso di rafforzarli. Oggi nel nostro paese i metalmeccanici che hanno fatto dell’Italia una grande potenza industriale sono in piazza a protestare per la perdita o per la paura di perdere il posto di lavoro».