Vincenzo Rustici, caccia dei tori in piazza del Campo (XVI secolo) dal sito mpsart.it

Proprio quando il felice decollo della mostra dedicata a Ambrogio Lorenzetti rafforza la convinzione che Siena deve puntare sul suo eccezionale patrimonio artistico per risalire la china, esplode una notizia che suscita indignazione. Nel prospetto stilato per precisare le condizioni da osservare per l’atteso rientro in Borsa del titolo Mps (ieri andato molto bene) ci s’imbatte in un laconico passaggio, che include, insieme ad altre alienazioni, quella del patrimonio artistico della banca.

Si tratta di collezioni e opere che rivestono un’importanza cruciale per la città e per il territorio ad essa strettamente collegato. Privare Siena di testimonianze talvolta recuperate a fatica sarebbe una ferita intollerabile. La valutazione approssimativa di questo imprecisato, e imprecisabile, patrimonio ammonterebbe a 121 (numero che suona beffardo! Ricordate una banca salentina?) milioni. Più che soppesare la congruità della cifra conviene ribadire lo status in cui si trovano gli oggetti del contendere. Ed è inaccettabile che né il Comune né la banca né le sedi istituzionali abilitate chiariscano pubblicamente, una volta per tutte, un tema tanto complesso e delicato. Nossignori! Un pezzo della cultura di un centro dagli inconfondibili caratteri identitari non può essere trattato alla stregua di una qualsiasi posta di bilancio. Il Monte, essendo stato un Istituto di credito di diritto pubblico, per la gestione dei propri beni di interesse storico-artistico era soggetto alle disposizioni della legge di tutela del 1939. Tutti i suoi beni erano, dunque, tutelati “ope legis”. Il cambiamento, avvenuto nel 1995, della ragione sociale da Istituto di credito di diritto pubblico a S.p.a. non ha liberato dalla tutela i beni storico-artistici, fino a quando non sia portata a termine e formalizzata la verifica dell’interesse culturale di tali beni, così come disposto dal decreto legislativo n. 4 del 2004 (art. 12).

In questo senso la Soprintendenza ha da tempo avviato l’atto amministrativo necessario. Per quanto riguarda i beni di interesse storico-artistico di proprietà Mps facenti parte della Collezione Chigi Saracini è stato già emanato un nuovo vincolo: ora questi beni sono considerati collezione indivisibile e pertinenziale al Palazzo Chigi Saracini. Lo stesso procedimento si sta concretizzando (a dire il vero con eccessiva lentezza) per tutti gli altri beni di analogo interesse, che costituiscono vari gruppi collezionistici presenti nelle sedi del gruppo Monte. E anche questi saranno vincolati quali nuclei collezionistici indivisibili e pertanto legati a Siena. Certo: il fatto che non siano né alienabili né trasferibili non mette al riparo dai cambi di proprietà, esposti alla dinamiche di una s.p.a. esposta alla dinamiche finanziarie.

Non tutto il patrimonio artistico minacciato godrà – è onesto aggiungere – di vincoli pertinenziali/ubicazionali. Ma, per fare gli esempi più clamorosi, le collezioni Chigi richiamate o la meravigliosa piccola Pinacoteca del Museo di San Donato, parte integrante di Rocca Salimbeni, dovranno restare dove sono e magari arricchirsi di nuove acquisizioni. Sono parecchie le tavole ritornate in patria a respirare l’aria che le vide nascere e così riprendere fresca evidenza in una compagnia eletta e fraterna. Da sole compongono un itinerario che fa una storia. Ecco il Santo Stefano lorenzettiano accanto al Sant’Antonio abate del Sassetta. Ecco la Madonna dei Vetturini di Giovanni di Paolo, e, in sequenza, il Maestro dell’Osservanza, Tino di Camaino, e la gentile Santa Lucia del Beccafumi, e il severo San Girolamo di Rutilio Manetti. Giganteggia il sorprendente Ciarlatano di Bernardino Mei, impegnato a propagandare nel Campo un magico elisir d’amore.

Bernardino Mei, Il Ciarlatano (XVII secolo)
Bernardino Mei, Il Ciarlatano (XVII secolo). Da mpsart.it

Non mancano capolavori del ’900, provenienti da Banca Toscana. Autori di prim’ordine, acquistati con occhio acuto e a cifre abbordabili: Gino Severini, Filippo de Pisis, Marino Marini, Giorgio Morandi, Ottone Rosai, Carlo Carrà.

Qualcuno chiederà le quotazioni di questi pezzi. Se notificati e inesportabili non comportano cifre stratosferiche. Se liberalizzati e già muniti di permesso di vendita per l’estero le quotazioni salgono di molto. Un Sassetta confinato in Italia può andare sui 300.000 euro, fuori confine anche oltre il milione. Morandi idem. Ma più che questi calcoli di un fluttuante mercato è imperativo riferirsi a valori non monetizzabili. Nessun prospetto può infrangere tradizioni di tutela che serbino figure e momenti di un immaginario da custodire e studiare qui, onorando un senso di appartenenza che incoraggerà la ripresa della città e il consolidamento di Mps più dei “ciechi” algoritmi del crudo ordoliberismo.

da Corriere Fiorentino del 26 ottobre 2017