«Essere qui a Palazzo Vecchio, nel cinquantennale dell’alluvione, suscita particolare emozione, nei giorni in cui, a causa dei terremoti degli ultimi due mesi, migliaia di nostri concittadini stanno vivendo ore di paura, di disagio e di sofferenza». Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia per il 50esimo anniversario dell’alluvione di Firenze. «Cinquant’anni fa il pericolo era costituito dall’acqua e dal fango, oggi la minaccia proviene dal profondo della terra. Ripercorrendo la storia dell’alluvione di Firenze, so che tutti rivolgiamo immediatamente il nostro pensiero ai nostri concittadini sfollati dell’Italia centrale, al loro dramma. Ci sono persone che, oggi come cinquant’anni fa, hanno perso tutto: affetti, casa, lavoro, ricordi. Dobbiamo preservare la loro speranza». E rivolgendosi poi agli Angeli del fango ha detto: «Abbiamo ascoltato le vostre testimonianze, i vostri ricordi e rivissuto le vostre passioni. E’ merito anche vostro se Firenze, da città dell’alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e nel mondo, grande capitale culturale. Avete dimostrato che la solidarietà non conosce confini, né divisioni di ceto sociale, di nazionalità, di ideologia, di religione. Oggi altri Angeli, nelle Marche, nell’Umbria, nel Lazio colpite dal terremoto; nelle aree di guerra e di carestia; ovunque ci siano uomini, donne e bambini in pericolo, scavano tra le macerie, curano malati e feriti, assistono profughi e indigenti. Sono anche vostri eredi», ha aggiunto il Presidente della Repubblica.
Giornata fiorentina per il Capo dello Stato Giornata ‘piena’ per Mattarella a Firenze visto che il primo cittadino italiano ha da prima partecipato alla cerimonia di ricollocazione del restauro dell’Ultima cena di Vasari in Santa Croce, poi ad una visita privata alla sede del quotidiano ‘La Nazione’, che ha allestito una mostra con le prime pagine dedicate all’alluvione avvenuta in città esattamente 50 anni fa, e poi ha effettuato la prima passeggiata sul Lungarno Torrigiani riaperto ufficialmente dopo che gli argini di uno dei luoghi storici del capoluogo di regione toscano avevano ceduto il 25 maggio scorso.
«L’evento più rovinoso» «L’alluvione di Firenze fu l’evento più rovinoso di una tragica catena di inondazioni, dovute alle piogge incessanti che colpirono, in quei giorni, larga parte del territorio italiano, provocando tante vittime e danni ingentissimi nel Nord-Est e nel Centro-Italia – ha raccontato il Capo dello Stato – L’acqua alta a Venezia raggiunse il record, mai eguagliato, di 194 centimetri. Centinaia i Comuni colpiti. Vi furono oltre 130 morti, quasi 400 feriti e almeno 78.000 tra sfollati e senzatetto. Toccò però alla Toscana e a Firenze il bilancio più pesante: l’esondazione dell’Ombrone e dell’Arno causarono 47 morti, centinaia di feriti e 46 mila persone senza casa. Dei circa mille miliardi di lire di danni calcolati dalle autorità dell’epoca, il 40 per cento era imputabile allo straripamento dell’Arno in questa Città. Firenze divenne il simbolo doloroso dell’alluvione. Ricordando quel giorno, commemoriamo tutte le vittime di quei giorni di lutti e devastazioni. E il pensiero, riconoscente, va a tutte le persone che, in ogni parte d’Italia, si mobilitarono generosamente per i soccorsi. L’alluvione del 1966, a Firenze, rappresentò un evento eccezionale e inatteso nelle sue proporzioni, e mise in luce tutta la fragilità di un territorio profondamente segnato dall’opera dell’uomo, e interessato da un’estesa urbanizzazione. La piena colpì un’area molto vasta, di circa 3.000 ettari, che furono investiti da 50 milioni di metri cubi di acqua mista a carburante e ad altre sostanze organiche. Al defluire dell’acqua, rimase il fango: oltre 600.000 metri cubi di sostanza limacciosa, mista a detriti e a materiali di ogni sorta, che rese inagibili le strade e difficili le operazioni di soccorso. I danni materiali furono ingentissimi: quasi quattordicimila abitazioni devastate, oltre quarantatremila persone coinvolte; seicento aziende invase dall’alluvione; quasi novemila botteghe artigiane e diecimila esercizi commerciali danneggiati. Il bilancio fu aggravato dalla perdita o dal grave danneggiamento di parte significativa del patrimonio artistico e culturale della città, da sempre considerata “culla di civiltà”. Gli Uffizi, la Biblioteca Nazionale e l’Archivio di Stato, la Basilica di Santa Croce, il Battistero di San Giovanni, il Museo Archeologico e quello del Bargello, la Sinagoga ebraica. Furono colpite opere d’arte e preziosi documenti e volumi antichi. Ma la storia dell’alluvione di Firenze, per fortuna, non si ferma al conteggio di vittime e danni. Firenze, benché gravemente ferita, non si arrese. Mostrò al mondo la sua volontà e la sua capacità di reazione. E da tante parti del mondo molte persone compresero e condivisero la sfida. Firenze aveva nei secoli irradiato sull’umanità intera la sua bellezza, la sua arte, la sua cultura. E in quelle dolorose settimane fu come se, con un movimento uguale e di ritorno, da ogni angolo del globo si facesse a gara per restituire quella ricchezza immateriale che la città aveva donato a tutta l’umanità. Fu così che Firenze risorse. Grazie ai legami sociali, alla fatica e alla forza dei suoi abitanti. Grazie al grande movimento di solidarietà nazionale e internazionale».
La visita a sorpresa di Renzi: «Ci manca quell’entusiasmo ed energia che caratterizzo’ quel devastante 1966» A Firenze oggi si è presentato a sorpresa anche il Premier Matteo Renzi che ha voluto rendere il suo omaggio ai famosi ‘Angeli del fango’. «Noi sappiamo che dobbiamo investire tutto quello che serve per riportare l’Arno a essere l’anima della città – ha sottolineato il Presidente del Consiglio – I denari ci sono, bisogna spenderli bene. Il modo di dire grazie agli ‘Angeli del fango’ è quello di risistemare quelle casse di espansione e di laminazione in modo che si possa intervenire alla radice sul problema del dissesto idrogeologico. L’Italia ha tutto per uscire dalla fase di difficolta’, che pure ancora e’ forte oggi – ha proseguito Renzi – Pensate alla drammatica emergenza del terremoto. Pero’ i soldi ci sono, le risorse tecniche ci sono, la nostra protezione civile e’ fra le migliori al mondo. A volte cosa ci manca? Ci manca quell’entusiasmo ed energia che caratterizzo’ quel devastante 1966». Il premier si è soffermato sul titolo della ‘Nazione’ di quei giorni che faceva riferimento a una ‘Firenze vive con calma ore tragiche’. «Dobbiamo tenere insieme queste due caratteristiche, la voglia di convogliare aiuti e la prudenza, il buon senso e l’equilibrio di chi sa che deve vivere con calma ore tragiche».