Finalmente la Conferenza dei Vescovi Toscani si è espressa! In questo caso sul fenomeno dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, un problema che «non è certamente destinato a cessare» anche «alla luce delle informazioni fornite al Consiglio episcopale permanente» della Cei.
Nel documento approvato al termine dell’ assemblea regionale della Cet viene ribadito l’impegno delle comunità ecclesiali per l’accoglienza dei fratelli che bussano alle nostre porte, ma viene anche sottolineato che questo, «tuttavia, non può implicare l’esercizio di atti di culto di altre religioni in luoghi di culto cattolici». Finalmente una parola chiara, dopo che fiumi di ambiguità sono scorsi sotto ai nostri occhi, di fronte ad una popolazione veramente disorientata. Il riferimento all’iniziativa promossa da due sacerdoti della diocesi di Pistoia intenti a concedere spazi per la preghiera in chiesa, ai profughi musulmani, è chiara. I due sacerdoti saranno certamente animati dalle più nobili intenzioni. Ma è sempre la solita storia da qualche decennio a questa parte: il prevalere di una componente su tutte le altre. Va ricordato, all’uomo europeo smarrito di oggi, che la Chiesa non è una grossa “onlus”, che serve per dare il piatto ai poveri. La Chiesa lo può e deve fare ma non è il suo principale compito.
La Chiesa è annunciatrice di Cristo, del Mistero dell’Incarnazione. Quando proprio un sacerdote non comprende più la sacralità di una Chiesa, di un Tabernacolo, banalizzando lo spazio liturgico (vediamo infatti come sono ridotte molte chiede moderne, e come sono concepite) è frutto di cosa si è (non) insegnato nei seminari per troppi anni. Il tempio cristiano è il luogo dove Cristo si fa vivo, realmente presente, nella forma del Santissimo Sacramento. Non è essere misericordiosi banalizzare o sminuire questa santa realtà. Che non si concilia con culti che non riconoscono questa presenza. L’unica eccezione che dobbiamo doverosamente fare è per i nostri fratelli ortodossi, che pur nelle differenze, hanno conservato intatti i sacramenti e comprendono la dignità degli spazi liturgici. Sul fatto poi che dobbiamo accogliere chi ci chiede un aiuto, siamo tutti d’accordo. Ma stiamo attenti al relativismo strisciante, che fa credere poi che in fondo è tutto uguale, che le identità sono retaggio del passato, che dobbiamo “aprirci”….chissà a che cosa, in un non ben identificato non-pensiero unico buonista. Le persone hanno bisogno di messaggi chiari. E non di una gara a essere i “più buoni”. Vorrei ricordare a molti sacerdoti che anche l’accoglienza può essere terreno di missione, la grande assente del buio secolo passato, almeno nella nostra Europa. La Chiesa, di mattoni e di uomini, esiste in Cristo e per Cristo. Il resto viene a cascata.