SIENA – Una novità che si affaccia sulla scena politica nazionale. Con la vittoria di Elly Schlein una nuova era si potrebbe aprire per il Pd. Un fatto epocale per Luca Verzichelli, docente di Scienze politiche dell’Università di Siena.
Prof, che raccontano queste elezioni primarie?
“Il Pd per la prima volta si è affidato a un leader, in questo caso una leader, che veniva meno indicata dai principali ‘maggiorenti’ del partito. Fatto epocale. Lo stesso Bonaccini ha riconosciuto la sconfitta, dicendo ‘Elly ha saputo interpretare il cambiamento meglio di me’. Affermazione che descrive al meglio ciò che è successo”.
Al Pd cosa succede adesso?
“Da una parte con Schlein c’è un salto nel buio, perché non è un profilo di apparato. Dall’altra parte c’è la rinuncia a un leader che aveva un suo seguito. A questo punto si pone l’interrogativo se può esistere un nuovo Pd rispetto a quello che abbiamo conosciuto fino a questo momento. I prossimi mesi ci daranno una risposta”.
Sulla neosegretaria hanno scommesso le grandi città. In particolare quelle del centro-nord. Ha una significato?
“E’ necessaria la distinzione tra centro e periferia. Nelle seconde sono più forti i capi territoriali. E’ interessante semmai la capacità di tenere insieme il mondo della sinistra da una figura che ha un background meno da partito di massa. Dall’altro lato c’è il legame forte della Schlein con due tematiche importanti, soprattutto agli occhi dei giovani, che sono quelli dell’ambiente e dei diritti civili. In più, è un leader di 37 anni. Forse la novità più grande”.
E’ plausibile che la vittoria di Schlein possa dare il là a un rafforzamento dell’area centrista?
“Può essere una lettura, tenendo presente che non credo ci siano altri spazi per partiti di centrosinistra. E’ interessante capire quante figure importanti lasceranno il Pd. Io sono convinto che saranno pochi. La fuoriuscita dell’ex ministro Fioroni era annunciata. Matteo Renzi aveva già portato via una componente importante. Bisogna vedere semmai come Schlein riuscirà a riportare a casa quell’elettorato che vota M5S e Sinistra antagonista”.
Chi esce sconfitto?
“Chi ha appoggiato la continuità di apparato può essere considerato sconfitto, ma a livello di idea. Le primarie testimoniano come i partiti siano cambiati anche rispetto solo a 15 anni fa. Il Pd era la quintessenza dell’ordine organizzativo e adesso sceglie una via più creativa”.
I circoli hanno scelto Bonaccini, il voto allargato ha dato ragione a Schlein. Come si spiega questa inversione di tendenza?
“La differenza tra circolo e voto definitivo è sempre netta, già ai tempi di Veltroni. Non è successo mai che si invertisse l’ordine però. Va detto che ormai che gli iscritti sono talmente pochi rispetto al primo Pd, che è inevitabile essere aperti a un partito che scegli il proprio leader, ma si muove sulla volontà di una base allargata. C’è un altro aspetto. C’è da capire se chi vince riesce a tenere insieme al partito e se i funzionari di partito, sicuramente più vicini a Bonaccini, si sentono rappresentati da Schlein. Ripeto, la sua nomina è un elemento di rottura rispetto alla tradizione Dem?
Sarà la politica sulla guerra lo spartiacque decisivo per Schlein?
“Mi sembra che abbia già anticipato il proprio pensiero che la linea di politica estera è scritta nella pietra. Però, credo che abbia il diritto di far valere una propria idea, magari più conciliante verso alcune istanze. Il Pd ha la responsabilità da una lato di mantenere la fermezza, dall’altra di indicare un’alternativa negli strumenti per la ricerca della pace”.
Per la Toscana cambierà qualcosa?
“Lo escludo nel breve, perché la figura del presidente Giani è trasversale. Cambierebbe questo se ci fosse una corsa al rilancio, che però escluso perché nessuno attore in un momento dove il centrodestra è maggioritario, abbia interesse per una crisi di governo. Quindi, per citare i Maneskin, staranno tutti buoni”.