Chissà se oggi Anthony Minghella, raggiunto oltre oceano dalla notizia di Pienza scelta come luogo idoneo allo smaltimento di rifiuti nucleari avrebbe deciso di girare Il Paziente Inglese a Sant’Anna in Camprena.

Quel film, nel cui cast figuravano attori quali Ralph Fiennes, Juliette Binoche, Willem Dafoe e Naveen Andrews solo per citarne alcuni, e che vinse ben 9 premi Oscar, fu girato in parte, proprio nel monastero benedettino del XV secolo alle porte di Pienza. Quel terreno, a poche centinaia di metri davanti al refettorio in cui è conservato uno splendido ciclo di affreschi del 1503 di Antonio Bazzi, detto Il Sodoma, rischia di diventare un deposito di 150 ettari pieno di bidoni con scorie nucleari a bassa e molto bassa attività. Era il 1996, la Val d’Orcia ancora non era patrimonio mondiale dell’umanità Unesco (il riconoscimento arriverà nel 2004), il centro storico di Pienza invece in quell’anno ottiene l’iscrizione nella lista e già conta un milione di visitatori all’anno.

Negli anni cinquanta, era iniziata in Val d’Orcia la crisi del sistema mezzadro, la cui plurisecolarità ha comunque garantito un’identità storico-sociale nei diversi usi e costumi scanditi dal passare delle epoche. Lo spopolamento delle campagne, verso il “mito” della vita in città, aveva messo a dura prova la sopravvivenza dignitosa della valle. Nel terzo millennio, tuttavia, il modello di lavoro che alimenta l’economia si lega sia al turismo e all’agricoltura a cui negli anni si affianca quella legata ai prodotti di qualità. Ma quel film e quelle riprese, a metà degli anni ’90, iniziarono a sdoganare quel concetto di Val d’Orcia intesa come paesaggio modellato dalle mani dell’uomo. Un ‘patrimonio’ giustappunto capace di andare oltre, in termini di valore, alla valenza dei singoli centri urbani come la perla del Rinascimento aveva dimostrato ampiamente di meritare.

Un film, non è una bestemmia sostenerlo, che cambiò totalmente la consapevolezza anche dei valdorciani stessi che in quella fase storica si erano resi conto che si sarebbe potuto iniziare a ragionare in termini di area e non più di singoli comuni. Che quel territorio, così apprezzato e amato al di fuori dei confini locali e nazionali, andava tutelato e promosso. L’eredità di memorie, di paesaggi e di architettura, trova nel Parco Artistico, Naturale e Culturale della Val d’Orcia uno strumento di tutela, creato dalle amministrazioni comunali di Castiglione d’Orcia, Montalcino, Pienza, Radicofani e San Quirico d’Orcia. Nel 1996 nasce la Valdorcia Srl, strumento operativo del Parco artistico naturale e culturale della Val d’Orcia che gestirà l’elaborazione del piano di gestione Unesco.

Oggi quel modello pensato venticinque anni fa, ha raggiunto una sua consapevolezza ed è portato come esempio in tutto il mondo. Un modello che però dopo tutti questi anni merita, probabilmente, un ripensamento nel modo di essere riproposto come vincente e competitivo per i prossimi cinquant’anni. La reazione unita e compatta dei sindaci alla notizia delle scorie è la dimostrazione che quando sono in gioco la memoria, le risorse storiche, paesaggistiche, culturali ed economiche di questo pezzo di terra a sud della provincia di Siena, si è ancora capaci di scrivere pagine importanti per lo sviluppo della Val d’Orcia. Che si possa aprire una nuova stagione di riflessioni sugli strumenti di tutela e sviluppo di una delle aree più belle e ancora vere al mondo.