«Troppo bella per vincere. Avete un tesoro che vi ha lasciato la vostra storia, non vi serve essere capitale europea della cultura. Ce la potete fare benissimo da soli». Sostanzialmente hanno detto così, i giurati, giovedì scorso, o forse non proprio così, ma questo è il senso. Come non capirli? Venivano dal tour della Siena magica del centro storico, dal tuffo nella bellezza di Piazza del Campo, dalla maestosità del Duomo, dall’abbraccio delle donne di Contrada in Piazza del Mercato. Sono stati immersi, i giurati, nella Siena della sfida antica, quella che pensava bellezza, la immaginava e riusciva a realizzarla. Costruita con le mani e la fatica di piccoli uomini sudati e ignari, mentre mettevano pietra su pietra, di partecipare alla sfida della Torre del Mangia, e di vederla compiuta. Pensare bellezza era anche pensare in grande e vedersi sconfiggere solo dalla peste, ma dopo aver già opposto all’idea non finita, la perfezione del Duomo.
E quindi Siena troppo bella per vincere? Se questo è il metro di giudizio della giuria che venerdì esprimerà il verdetto c’è da temere non poco. Che vinca la sponsorizzatissima Matera, tra Sassi e petrolio? Oppure l’accoppiata Perugia-Assisi in stile Papa Francesco, o Lecce perché il Salento è trendy. Oppure Cagliari, che ha stravinto un sondaggio di Art Tribune, con l’87%, davanti a Perugia 4%, Matera 3%, Siena 2%. Tanto che gli stessi organizzatori hanno twittato: «Ma i supporter di Cagliari considerano una cosa intelligente aver falsificato il nostro sondaggio? Abbiamo registrato un voto al minuto per due giorni. C’è un’anomalia». Al di là delle furbate o dei bookmakers, se la giuria avesse avuto bisogno di bruttezza sarebbe bastato un giretto in viale Sardegna, spingendosi poi fino alla Piazza della stazione, monumento al non sense. O in certi vicoletti trasformati in orinatoi o in certe piazzette nascoste riempite di cartoni e spazzatura. Perché ce ne sono di senesi incivili, eccome, che magari si lamentano dei ragazzi seduti in Piazza del Campo. E avrebbe potuto attendere la notte, la giuria, per aggirarsi in una città buia, dove tutto è sfocato.
Ora però c’è da capire cosa vogliano premiare questi signori della giuria europea. La natura del riconoscimento, dopo gli anni di stantie celebrazioni, sarebbe quella di assicurare risorse che trasformino una città, grazie a progettazioni innovative che aggiungano alle risorse europee, investimenti pubblici e privati. Delineando così un futuro inedito per chi ha bisogno di costruire con le proprie mani un nuovo sviluppo.
Se è così Siena non può che vincere a mani basse. Perché è la città che si è messa in crisi da sola, rappresentazione e simbolo nello stesso tempo, dell’intreccio perverso tra finanza deviata e politica del potere. È la città che più di ogni altra ha tradito la propria armonica bellezza e il proprio orgoglioso passato,distruggendo ricchezze enormi, con le proprie mani, e riassumendo in sintesi tutti i guasti dell’economia contemporanea. È la città bella e impossibile da distruggere solo in virtù di questa sua bellezza, ma depredata e prosciugata di risorse antiche e comuni, da un manipolo di scaltri maneggioni.
La crisi di Siena è la rappresentazione in scala del fallimento di un sistema economico mondiale che non guarda alla realtà e ai bisogni degli uomini, ma si fonda sugli illusori guadagni effimeri della finanza. È lo specchio di Dorian Gray e dei tecnocrati della vecchia Europa, che dettano regole in nome di Maastricht, ma in realtà lasciano che proprio sulla povertà crescente, uomini potenti accumulino le proprie ricchezze. E in combutta con la politica, costruiscano le loro catene di potere, fino a stringere nelle proprie mani i destini di tanti uomini e donne, le loro assunzioni o no, i loro avanzamenti. Fino ad arrivare a condizionare drammaticamente il futuro di generazioni e generazioni, con una semplice firma in un foglio di carta, sottraendo a loro, in un attimo, le risorse accumulate per secoli nella città della bellezza.
Nessuno è più ansioso e bisognoso di ricostruire la propria casa, di chi l’ha buttata giù a picconate con le proprie mani. La giuria obietterà: ma la vostra città mica è crollata, i monumenti sono tutti in piedi. Si ma sono a rischio le due meraviglie che sorreggono ogni civiltà, prima ancora delle città: la fiducia e la speranza.
Nei progetti per Siena capitale c’è quantomeno un tragitto di ripartenza. Tante molliche di pane da seguire, come nelle favole da bambini. Briciole che nessun altro in questi due ultimi anni ha saputo spargere. A queste briciole, piccole e grandi idee per un futuro inedito, talvolta incompiute o anche improbabili, dovremo aggrapparci. Alle risorse che comunque verranno, anche nel caso che la bellezza di Siena sia il presupposto per la sconfitta, dovremo fare riferimento. Intransigenti verso chi ha distrutto, attenti verso le false promesse di rinnovamento, ma attaccati per forza e per amore, al barlume di una città nuova che questa sfida per la capitale europea della cultura ha perlomeno fatto intravedere. E per il resto, comunque vada, con o senza Europa, Siena merita speranza.