I dati sulla vendita dei libri nel primo trimestre 2012 sono preoccupanti. Si calcola, complessivamente, un calo del 10 per cento di copie con dei picchi negativi come il 17 per cento nella saggistica. Un po’ meglio la fiction che registra soltanto un meno 7. I cosiddetti lettori forti (quelli che leggono almeno un libro al mese) nel giro di un anno sono calati dal 15,1 al 13,8. A fronte di questi numeri che rendono mesti i conti degli editori e dei librai, fa invece clamore, su scala globale, la cifra che può vantare Amazon – la libreria on line nata nel 1995, leader dell’e-commerce e pioniera dell’editoria digitale – il cui titolo in borsa è cresciuto del 397 per cento, tanto da far stare il suo fondatore, Jeff Bezos, tra i 30 uomini più ricchi del mondo. Ecco la sintesi di una crisi e la foto utile per interrogarsi sul futuro del libro. Non a caso la venticinquesima edizione del Salone del Libro di Torino ha posto al centro dei dibattiti il tema della “Primavera digitale”, che non significa soltanto il trasferimento della parola scritta dalla carta al web (con il temuto dominio di quest’ultimo) ma capire, in termini culturali e sociali, quale valore aggiunto possa fornire il digitale, quali nuove opportunità offra ad autori e editori. Non sono cose di poco conto e il dibattito è quanto mai vivace. Lo hanno dimostrato due figure di spicco dell’editoria europea: Stuart Proffit, direttore editoriale della britannica Penguin ed Èric Vigne, direttore della saggistica della mitica casa francese Gallimard. Due prestigiosi marchi editoriali, due culture di notevole tradizione, due visioni antagoniste. Da un lato la Penguin che, in ragione del business e di una mentalità economica liberista, ammicca positivamente alle trasformazioni in atto. Sul fronte opposto la stizza dei francesi gallimardiani che ritengono come le logiche emergenti vadano a discapito della qualità dei libri. Eric Vigne si domanda, ad esempio, come la grande letteratura e i testi ‘di pensiero’ potranno essere adattati ai formati delle nuove tecnologie. Ed arriva a ironizzare su quando la Recherche sarà ridotta a una sorta di tweet di Marcel Proust, del tipo: “Questa sera sono andato a letto tardi”. Cambierà, dunque, l’oggetto-libro diventando ipertesto, strumento multimediale? Qualcuno cita in proposito la profezia di Italo Calvino che aveva prefigurato un’opera che si sarebbe prodotta al contatto dell’occhio che legge. Insomma: cibernetica e fantasmi. Altri si stanno chiedendo quanto il web stia modificando proprio la parola, il nostro modo di relazionarsi con la lingua, sempre più contenuta in forma brevi, veloci, sommarie. O in che modo la rete stia cambiando le nostre menti, la memoria, l’idea di privacy, la visione della vera realtà continuamente confusa con realtà fasulle. E’ appunto la primavera digitale che sta impollinando l’universo mondo con l’esuberanza delle sue fioriture. Stagione affascinante perché foriera di novità. Comunque problematica, soprattutto per chi soffra di allergie.