Slitta a fine novembre la sentenza per il crac di Banca Etruria. Il Gup del tribunale di Arezzo Annamaria Loprete ha chiesto più tempo per formularla. Questo l’esito finale dell’udienza di rito abbreviato svoltasi in Tribunale ad Arezzo dedicata alle arringhe dei difensori che hanno chiesto l’assoluzione dall’accusa di ostacolo alla vigilanza (primo filone dei cinque di inchiesta della procura aretina) per il loro assistiti l’ex presidente dell’istituto bancario aretino Giuseppe Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi e il direttore centrale Davide Canestri. Durante la scorsa udienza il Procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi e il Pm Julia Maggiore avevano chiesto due anni e otto mesi per Fornasari e Bronchi e due anni per Canestri mentre Bankitalia aveva presentato istanza di risarcimento danni per 320mila euro.
L’inchiesta sul crac di Banca Etruria Il filone d’inchiesta risale alla fine del 2013, quando gli ispettori di Banca d’Italia, in una relazione, avevano evidenziato possibili criticità di rilevanza penale nel bilancio 2012 dell’istituto bancario aretino. Tra le operazioni che avrebbero concorso sia a provocarne il dissesto, sia a mascherare le reali condizioni economiche della banca, sulle quali si è basata l’inchiesta del Procuratore Roberto Rossi, la vicenda relativa alla cessione di immobili, in particolare racchiuso nella società Palazzo della Fonte, il cui consorzio acquirente sarebbe stato a sua volta parzialmente finanziato dalla stessa Banca Etruria. Nell’udienza, l’avvocato Antonio D’Avirro è intervenuto per Giuseppe Fornasari, il collega Antonio Bonacci per Luca Bronchi, gli avvocati Luca Fanfani e Stefano Lalomia per Davide Canestri. Su Palazzo della Fonte i difensori hanno ribadito che i loro assistiti hanno comunicato a Bankitalia tutti gli elementi fondamentali sottolineando come, se ci fosse stata qualche omissione, non sarebbe stata tale da ostacolare la corretta conoscenza dello spin-off immobiliare che comunque ha avuto il via libera dalla Consob. I legali dei tre imputati hanno poi fatto presente al Gip come non ci sia stato alcun collegamento tra i prestiti alle società satellite e l’acquisto delle quote da parte del consorzio di imprese. Sui crediti deteriorati, altra questione su cui ha puntato l’accusa, gli avvocati hanno ribadito come siano stati rispettati i criteri internazionali di contabilità e di accantonamento e come non ci sia stata alcuna volontà di trattenere i deteriorati a incagli precisando che i loro assistiti non li passarono a sofferenze per evitare maggiori accantonamenti che avrebbero appesantito il bilancio.