Acqua che scotta nel territorio aretino, sia nella zona di competenza di Nuove Acque che in quella gestita da Publiacqua. Agli onori della cronaca salgono i distacchi della fornitura idrica. È di queste ore la notizia che il Tribunale di Arezzo ha dato ragione a Nuove Acque, dopo che la società aveva interrotto il servizio a due famiglie che si sono autoridotte le bollette, a seguito del risultato del referendum del 2011. Le famiglie, una de Le Poggiola e una di San Leo, immediata periferia della città di Arezzo, dopo il distacco della fornitura si sono rivolte al Comitato Acqua Pubblica e hanno presentato ricorso per ottenere il servizio per fabbisogno minimo vitale. Il Tribunale però ha dato ragione a Nuove Acque, riconoscendone la legittimità dell’operato nella gestione delle morosità, secondo la normativa vigente.
La sentenza Tra l’altro, secondo il Tribunale, Nuove Acque non sta «in alcun modo pretendendo una tariffa identica a quella antecedente al referendum abrogativo» ma «una tariffa che è del tutto conforme alla normativa secondaria di settore». Nuove Acque, fa sapere la società, «vede così riconosciuta la legittimità del proprio operato, riguardo cui non ha mai dubitato, in quanto assolutamente conforme alle direttive dell’Autorità Idrica Toscana, alle quali il gestore da sempre si attiene e sempre si atterrà anche in futuro. La società auspica che possa terminare la campagna di auto-riduzione dei cosiddetti “obbedienti” e porre così fine a una situazione irrispettosa della stragrande maggioranza dei clienti che pagano puntualmente il servizio erogato».
Il caso Tra le morosità registrate, «ce ne sono state alcune piuttosto sostanziose, con importi compresi tra 500 e 3000 euro a testa, e sono quelle a cui è stata staccata la fornitura, dopo vari solleciti – fa sapere Nuove Acque – Ma ce ne sono anche altri con importi ridotti. Ricordiamo che i primi di aprile l’AIT ha deliberato il nuovo Regolamento, che entrerà in vigore nel prossimo futuro, e che prevede debbano passare 60 giorni a flusso ridotto prima di staccare la fornitura. I distacchi saranno proibiti solo per chi ha reddito inferiore ISEE a 8.030 euro annui». A questo punto, le due famiglie aretine possono decidere di fare ricorso in Appello, continuando la protesta ma restando ancora senza acqua, oppure pagare, vedersi ripristinare il servizio e intanto andare avanti con una causa di merito. Il Comitato Acqua Pubblica li sostiene in ogni caso. «In questi giorni le due famiglie decideranno come proseguire – dice il presidente Gianfranco Morini – Non sarà facile per loro continuare a rimanere senza acqua, è comprensibile. D’altronde, nonostante l’urgenza della questione, un eventuale ricorso in Appello necessiterebbe di altre due settimane circa. Comunque la nostra battaglia continua, perché la legge deve essere rispettata. Vorrei ricordare che proprio in questi giorni la Camera dei Deputati ha approvato il ddl sulla tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Provvedimento che ora è passato all’esame del Senato. Nel ddl, tra le altre cose, viene garantito il diritto ad un quantitativo minimo vitale di acqua procapite, massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di morosità. Quindi siamo un po’ sorpresi dalle decisioni dei due giudici. Si sono comportati come un arbitro che dirige la partita tra Bayern Monaco e Ponticino. Senza alcun occhio di riguardo per il più piccolo».
Un caso non solo aretino Questo sta accadendo ad Arezzo, mentre in Valdarno, a Castelfranco di Sopra, dove la gestione del servizio idrico è nelle mani di Publiacqua, i cittadini da tempo stanno contestando un addebito in fattura, che definiscono «illegittimo»: è quello relativo ai progetti di depurazione del centro abitato. Anche in questo caso, alcuni utenti si sono decurtati la quota in bolletta e Publiacqua ha provveduto a staccare un’utenza proprio in questi giorni. Il Comitato Acqua Bene Comune si schiera dalla parte dei cittadini, ricordando che la legge n. 221/2015 prevede «di garantire l’accesso universale all’acqua» e all’articolo 61, con riferimento agli utenti morosi, prevede di garantire «il quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di una persona». Il Comitato sottolinea anche che la fattura in questione è di poco più di 50 euro, «in parte coperti dal deposito cauzionale».